Quarto giorno a Gaza – Report di Movi[e]ng to Gaza

Scegliamo di dare visibilità ai report quotidiani delle compagne e dei compagni di Movi[e]ng to Gaza sperando così di supportare il loro progetto.

April 24th, 2012

Sveglia quasi all’alba, dopo poche ore di sonno e con ancora in testa le ultime parole scritte ieri notte. Assieme agli attivisti di International Solidarity Movement (ISM) ci rechiamo al villaggio di Khuza’a per fare accompagnamento ai contadini che raccolgono il grano nei loro campi adiacenti alla buffer zone.
Questa zona è la più bella e pericolosa di Gaza e fino al 2005 era abitata solo da coloni, circa 8000 suddivisi in 21 insediamenti, i quali venivano protetti da circa 30.000 forze militari e diversi check point . Quando l’allora primo ministro israeliano Ariel Sharon decise di evacuare forzatamente tutti i coloni, nessun palestinese poteva accedere quest’area per ragioni di sicurezza.
Oggi vivono qui quasi 10.000 palestinesi e il villaggio si trova a meno di 500 metri dal confine con Israele. Il primo giorno della raccolta del grano i soldati israeliani, sparando in direzione dei contadini, hanno ferito un uomo, il secondo giorno una donna. Dal terzo giorno i volontari dell’I.S.M. accompagnano i contadini al lavoro con l’intento di far fermare il fuoco, armati di giubottini fluorescenti, telecamere e megafono.

Arriviamo sul campo verso le 7 del mattino e come in ogni momento di aggregazione palestinese c’è tanto da mangiare, del caffè, del te e dell’acqua, sorrisi a volontà e voglia di scherzare. Ci vestiamo e ci dividiamo in due gruppi per poter coprire un area più grande del campo. I contadini sono tutti accovacciati e lavorano velocissimi.
Il confine e la buffer zone sono li davanti a noi, per la prima volta, reali davanti ai nostri occhi.

Alle 8:30 vediamo tre jeep militari avvicinarsi ad una torretta e altre tre andarsene. Poi la quiete e all’improvviso gli spari. Uno, due, tre, ancora e ancora. << Stop shooting, you are shooting on innocent farmers, do you know that? They are simply trying to harvest their fields, this is their land, is not the buffer zone! >> viene urlato al megafono da un volontario di ISM.

Gli spari cessano un minuto e poi riprendono. Se ci pensi quando sei a casa credi che sia folle andare così vicino alla morte, andarle in contro per difendere il destino di altri. Ma quando sei qui capisci che questo può dare coraggio e forza ai contadini, ma non garantire del tutto la loro sicurezza. Ti rendi conto che per qualcuno la tua vita non ha lo stesso valore della vita dei contadini.
E quando gli spari continuavano senza interrompersi abbiamo cominciato a chiederci come un uomo possa giocare così con l’esistenza e la paura degli altri. Come possa un uomo armato guardare un altro uomo innocente e disarmato nel mirino del suo fucile e sparare, senza un vero fine militare o strategico, se non quello di terrorizzare e reprimere. Incomprensibile ed inumano.
Alle 9:45 il nostro lavoro è finito. I contadini raccolgono parte del grano racchiuso in fascine e lo caricano sui carretti trainati da asini. Durante un breve tour per il villaggio di Khuza’a notiamo quanto vicino è il confine con il villaggio, al punto che alle volte gli spari colpiscono target a caso come le scuole, le case, o peggio persone.
Poco dopo veniamo accolti nella casa di una famiglia di contadini e anche stavolta la tensione, il senso dell’occupazione viene spazzata via dai modi della gente. Così ritorniamo a pensare al nostro progetto e cerchiamo di raccogliere alcune interviste che ci servono per capire e conoscere questa terra e questo popolo. Intervistiamo l’uomo più anziano che era nei campi, che ha nove figli ognuno dei quali ha 5 figli, ognuno dei quali ha anch’esso in media 5 figli. << Sono i figli che facciamo per la Palestina, non per noi.>> ci dice il vecchio. La donna ferita alla tempia ci fa capire che senza gli internazionali per i contadini di Khuza’a è troppo pericoloso andare nei campi a coltivare e molte volte sono costretti a perdere i loro raccolti per salvarsi la vita. << Il pane che mangerete qui, lo facciamo col grano che raccogliamo in quel campo, e se non ci siete voi noi non mangiamo il pane >>. All’improvviso dietro di noi viene imbandita una tavola per tutti come fosse grande festa, con insalate, zucchine e patate fritte, yogurth, riso abbellito come una torta, dawali (foglie di vite ripiene di riso), Molokia (salsa di chissà quale verdura), succo fresco di fragole e pane, tanto pane.

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