Riceviamo e pubblichiamo un breve testo sui fatti di ieri nel campo profughi di Aida dove la tenacia dei/delle compagn* palestinesi ha tenuto testa ancora una volta al tentativo di invasione dell’esercito occupante.
Nei giorni scorsi gli shebab del campo avevano ritrovato delle telecamere di solito utilizzate nei boschi per la visione notturna nascoste nei muri del campo.
Aida oggi. 12 ottobre 2014.
Come scudo un cassonetto dell’UN e come armi delle pietre.
Nel pomeriggio sono iniziati gli scontri. A differenza degli altri giorni gli shebab sono in tanti e si ritrovano a lanciare pietre contro i soldati israeliani che avanzano verso il campo. Riescono ad entrare ma vengono subito respinti dai ragazzi di Aida. La situazione resta in stallo per un po’: i soldati alla chiave e i ragazzi poco sopra. L’esercito israeliano lancia proiettili di gomma, lacrimogeni e bombe sonore agli shebab ed avanza verso il campo, arrivando vicino alla Moschea e prendendo possesso della casa di Abu Aker.
Non si fermano, non si accontentano e continuano a sparare ferendo un bambino di 11 anni
che adesso si trova in rianimazione presso l’ospedale di Beit Jala che, per mancanza di macchinari, sta provvedendo ad un trasferimento.
Di seguito un breve racconto della storia del campo a 14 anni dalle seconda Intifada.
Aida. Uno dei tre campi profughi di Betlemme nato nel 1949 in seguito alla Nakba del popolo palestinese.
Il campo, attualmente costituito da circa sei mila persone, è situato su un territorio di un kilometro quadrato tra la città di Bet Jala e Betlemme. Il campo deve il suo nome a una signora, Aida, che prima di cedere il suo terreno ai profughi possedeva un bar su questa
terra. Nella zone limitrofa al campo troviamo la Moschea di Bilal, il cimitero musulmano e
la Tomba di Rachele, luogo rivendicato dal popolo israeliano e motivo dei continui scontri.
Alcuni problemi del campo continuano a persistere ancora oggi, tra questi i principali sono: l’acqua, l’elettricità, l’istruzione e la mancanza di un medico all’interno del campo inoltre l’ospedale più vicino nella città di Betlemme.Da quando è nato sino ad oggi, il campo è sempre stato oggetto di vessazioni da parte dell’esercito israeliano. Gli scontri di ribellione del popolo di Aida si sono intensificati nell’anno 1970, durante l’edificazione della colonia di Ghilo e nell’anno 1995, a causa della costruzione della strada che porta da Gerusalemme alla colonia di Gush Etzion. Dopo diverse settimane di rivolta gli scontri sono continuati alternandosi a pause sino all’anno 2000, anno dello scoppio della Seconda Intifada.
Come in ogni villaggio palestinese anche in Aida si è acceso il fuoco della rivolta contro l’occupazione israeliana. Durante il primo mese di Intifada dal campo è stato lanciato un
razzo, di piccole dimensioni, verso la colonia di Ghilo, fattore scatenante l’immediata occupazione militare di Betlemme e il tentato ingresso in Aida per quattro giorni.
Nel 2001 l’esercito israeliano ha tentato nuovamente l’ingresso in Aida accompagnando i
soldati con carrarmati ed elicotteri che sorvolavano il campo; nonostante ciò la resistenza
non si è mai arresa o spaventata, ha invece sempre continuato a lottare. A causa della
forte disparità di mezzi in cui versava il popolo di Aida, in un solo giorno si trovarono
cinque nuovi martiri. L’esercito israeliano, dopo aver fallito i tentativi di ingresso nel campo per circa una settimana, ha deciso di attuare una nuova strategia. Diverse case si
trovarono dei buchi nelle mura che dovevano funzionare da passaggio per i soldati
intimoriti dagli scontri nelle strade e per riuscire a porre un maggior controllo sui
giovani delle brigate.Questi, per evitare problemi e vittime in famiglia, scelsero di non
posizionare le bombe ai piani superiori delle case per farle crollare sui soldati.
Le brigate cambiarono strategia: le donne divennero il loro occhio. Esse avevano il compito
di segnalare agli uomini, di giorno fuori dal campo, gli spostamenti dei soldati. Questo
permise al popolo di Aida, di esser sempre pronto e di scatenare gli scontri nella notte
con l’obiettivo di uccidere i soldati. In una notte ne morirono tre. Circa dieci notti
successive all’accaduto Aida si riunì a festeggiare la vittoria in seguito alla ritirata
dell’esercito israeliano.
Nel 2002, sempre durante l’Intifada, un gran numero di persone si era rifugiato, sperando
di trovarsi al sicuro anche per l’occhio dei media, nella Chiesa della Natività a Betlemme.
Vane speranze che si scontrarono con l’occupazione che entrò a Betlemme e nella Chiesa dopo circa quaranta giorni per effettuare arresti. Alcune di queste persone, sono state mandate fuori dalla West Bank, ventidue a Gaza, tra cui due giovani di Aida, e tredici in Europa senza il permesso di ritorno poiché considerate pericolose per Israele.
All’inizio del 2003, l’esercito ha intensificato gli arresti dei giovani delle brigate sia
all’interno che all’esterno del campo prelevandoli dalle loro case. Così proseguì tutto
l’anno fino a quando, verso la fine del 2003, è iniziato il progetto di costruzione del
muro dell’apartheid, concluso nel 2005 e che, attualmente si trova a circa quindici metri
dalle case più esterne del campo. Durante gli anni di costruzione del muro, 2004/2005,
molti giovani di Aida sono stati arrestati perché partecipavano agli scontri e alle
manifestazioni che si opponevano all’occupazione. Alcuni di loro, dopo un periodo di circa
cinque anni nelle carceri israeliane, sono stati segregati nella Striscia di Gaza.
Ad oggi il campo conta: trentadue martiri, cinque ragazzi mandati fuori dalla West Bank
senza permesso di ritorno e 75 ragazzi nelle carceri israeliane di cui 7 destinati a passarci tutta la vita e uno ventimila anni.
Aida. Prima di essere campo, prima di essere partiti è insegnamento alla resistenza, è un
esempio di lotta contro l’occupazione e speranza nella libertà e nel ritorno.