Di Giorgia Baldi per medioriente.net
Si sa che nel 2005 i prigionieri palestinesi all’interno delle carceri israeliane erano 8000 di cui 450 bambini e 150 donne. Si sa anche che “il 70% delle famiglie palestinesi ha avuto un famigliare in prigione a cui non viene assicurato alcun diritto, nemmeno quello di visita.”. Raid Amer, presidente dell’associazione dei prigionieri politici di Nablus, sottolinea anche che “nelle prigioni israeliane ci sono condizioni pessime, inumane. La sofferenza dei prigionieri palestinesi è inimmaginabile: ad esempio i soldati mettono spesso i prigionieri in cella di isolamento. Noi abbiamo molti casi di prigionieri che sono stati in cella di isolamento per 4 anni, solo per aver chiesto che i loro diritti venissero rispettati. Altre volte gli israeliani chiedono soldi per uscire dalle punizioni o di fare nomi di amici per non essere puniti. Ora stiamo chiedendo il permesso per i prigionieri di poter ricevere le visite da parte dei famigliari, ma in molti casi gli israeliani rifiutano il permesso per motivi di sicurezza”.
I palestinesi arrestati dai servizi di sicurezza israeliani sono sotto un sistema di giustizia militare. Dal 1970 gli arresti e le detenzioni dei palestinesi sono state regolate dall'Ordine Militare 378 che è stato emendato più volte. I palestinesi possono essere arrestati senza mandato e senza la necessità di dimostrare un ragionevole sospetto sul fatto che la persona arrestata abbia commesso alcun crimine; la pena amministrativa e’ di 6 mesi. rinnovabili fino a “nuovo ordine”.
I giovani detenuti palestinesi sono soggetti a varie forme di trattamento inumano inclusi percosse, privazione del cibo e del sonno, abusi di posizione (Shabeh), minacce (incluse minacce di morte, violenze sessuali e minacce alla propria vita o a quella dei propri familiari) e isolamento durante gli interrogatori dei Servizi Generali di Sicurezza israeliani, dell'intelligence militare o della polizia. Durante gli interrogatori ai giovani detenuti non è permesso contattare un avvocato o i parenti. Durante questo periodo è interdetto l'accesso ai legali ed è molto difficile venire a sapere in quale carcere si trova il detenuto”.
Samar Abdo, madre di Yosra Abdo, racconta dell’arresto della filglia: “Mia figlia e’ una ragazza come tutte le altre, ha 17 anni e da grande voleva fare la fotografa. Una notte l’esercito israeliano ha fatto irruzione in casa nostra, l’hanno presa senza alcun motivo. E’ in pena amministrativa, come la maggior parte dei prigionieri palestinesi. Nel foglio che ci hanno dato gli israeliani c’era scritto che lei aveva dichiarato di volersi far esplodere in Israele. In seguito lei ci scrisse una lettera dove diceva che aveva dichiarato di volersi far scoppiare dopo 65 giorni di torture. Lei aveva detto di volersi far esplodere perché voleva che le pesanti torture finissero. Diceva che non voleva farsi esplodere ma era stata costretta a dirlo per far smettere le torture.
Il suo nome è Yosra Abdo, ha 17 anni ed è stata arrestata il 14 marzo 2004; Yosra non sa niente ma quel giorno l’esercito israeliano disse che l’avrebbe tenuta detenuta per 7 anni”. La sua famiglia non la vede da sei mesi e gli israeliani non l’hanno ancora liberata. Majd Naser, una studentessa di psicologia dell’Al-Najah University di Nablus, racconta con fatica le torture che ha subìto all’interno delle carceri israeliane: “ho visto la sofferenza delle ragazze che erano in prigione con me e cosa fa l’amministrazione. Ad esempio ricordo che usavano le “torture fisiche” in tutto il corpo buttandoci addosso gas e acqua . Inoltre, gli israeliani hanno una macchina che immobilizza totalmente il corpo del prigioniero. Le celle sono così piccole che non è possibile che un essere umano possa viverci..Avevamo solamente 2 finestre che erano dei buchi così piccoli da non poter vedere il cielo. Noi eravamo in 54 ragazze in cella e ,quando il sole entrava dal buco, noi potevamo vedere il sole. Questa era l’unica cosa che ci restava, il sole. Io sono stata in cella per 10 mesi senza nessuna prova contro di me. La prigione di Ofer era una prigione israeliana aperta durante il conflitto contro i palestinesi e le condizioni di vita erano veramente dure, soprattutto per le persone malate: scarseggiava il cibo, scarseggiava l’acqua, scarseggiava tutto”.
Sad judch , un ragazzo di 24 anni che passò 3 anni all’interno delle carceri israeliane, ex poliziotto dell’autorità palestinese, fu arrestato nel luglio 2002, dopo il “grande rastrellamento” che gli israeliani compirono nella città di Nablus: “le tende erano attrezzate per 25 persone, ma gli israeliani mettevano 150 persone per ogni tenda”, racconta, “ci davano cibo per 50 anche se eravamo 150. C’era veramente una grande scarsità di cibo. Eravamo tutti in pena amministrativa, ma la pena amministrativa è illegale e viene usata solo in Israele. La usano in condizioni di guerra, ma è illegale anche in condizioni di guerra. Se notavano prigionieri istruiti che chiedevano i loro diritti li spostavano in altre prigioni. La prigione di Anakab era stata riaperta nel 2002 dopo la chiusura del 1993, noi eravamo i primi prigionieri palestinesi dopo la riapertura del dipartimento. Non posso spiegare quali erano le condizioni della prigione; non erano adatte agli esseri umani ma non erano adatte nemmeno alle bestie. Avevamo 10 centimetri a testa di terra in tenda. Grazie alle nostre richieste e proteste gli israeliani ci diedero una nuova tenda che non era adatta agli esseri umani ma era meglio dell’altra: anche qui non c’erano letti e c’era scarsità di cibo e di acqua, le condizioni erano veramente disumane. La prigione di Nakab è nel deserto per cui il giorno è molto caldo e la notte molto fredda: questo era un grande problema, soprattutto per i malati che non avevano nemmeno coperte per la notte. Inoltre, gli israeliani davano solo una medicina per tutte le malattie che era camol o dixamol.
Abbiamo cominciato a chiedere i nostri diritti a partire dal 2003, in quel periodo, le richieste erano molto forti perché noi cominciavamo ad arrabbiarci e a esigere i nostri diritti, secondo la Convenzione di Ginevra. Quando ci diedero il cibo, per un periodo, ci davano solo 1 uovo, ma non avevamo il fuoco e nemmeno il gas, non avevamo niente per cucinarlo, per noi era un grande problema. Non volevano darci il gas o il fuoco per fare qualcosa, non c’era nemmeno niente per bollirlo. Per noi è stato un periodo molto duro. La polizia israeliana continuava a spostarci da una prigione all’altra per prevenire eventuali rivolte: questo è veramente un problema serio, perché così facendo ti rendono solo e sempre nervoso, non in grado di combattere o di fare richieste”.
Raid Amer, spiega come le torture usate nelle carceri israeliane siano simili a quelle usate nelle nuove “guerre globali”: “uno dei metodi più comuni usati dagli israeliani nelle loro prigioni è chiudere il prigioniero in una cella piccolissima coprendogli gli occhi e legando mani e piedi. In genere mettono cuffie con una musica assordante molto forte; non li fanno dormire o andare in bagno e gli interrogatori durano 24 ore o più senza mai la possibilità di muoversi. Questo è uno dei metodi più tradizionali. Secondo gli Accordi di Ginevra i prigionieri di guerra hanno dei diritti, ma i soldati o il governo israeliano non li rispetta, non danno ai prigionieri palestinesi nessuno di questi diritti; ad esempio rapiscono o uccidono i prigionieri .Gli israeliani non rispettano gli accordi nei confronti dei prigionieri e noi lo chiediamo a tutta la comunità internazionale, perchè i prigionieri palestinesi non sono semplici prigionieri di guerra ma combattenti contro l’occupazione”. Israele e’ uno degli stati firmatari della Convenzione contro la tortura e della convenzione di Ginevra. Il ricorso alla tortura e ad altri trattamenti crudeli e inumani contro detenuti da parte dei servizi di sicurezza israeliani viola le convenzioni internazionali sui diritti umani; in particolare l'articolo 37 della Convenzione sui Diritti dei Bambini, gli articoli 2 e 16 della Convenzione contro la Tortura e altre Punizioni o Trattamenti Crudeli, Inumani o Degradanti. Infrange, inoltre, gli articoli 7 e 10 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, gli articoli 31, 32 e 37 della Quarta Convenzione di Ginevra e l'articolo 277 del Codice Penale israeliano. Gli Stati firmatari, che tanto parlano di diritti umani, e che sicuramente conoscono la situazione dei prigionieri palestinesi, non osano ancora chiedere allo stato d’Israele perchè non rispetta le sottoscrizioni firmate innanzi agli stati membri.
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