31/03/07
Arriviamo a Tel Aviv la sera tardi. All aeroporto tutto liscio, tranne uno zaino perso. (indovinate di chi?)
Alloggiamo in un ostello nella parte vecchia della città, Jaffa.
1/04/07
Incontriamo Seb, un israeliano anarchico contro il muro. Ci spiega che a Jaffa la convivenza tra arabi ed ebrei è abbastanza pacifica. "Business, you know?", sottolinea, spiegando il fatto che è un quartiere abitato prevalentemnente da commercianti. Ma le cose stanno cambiando. Anche a Tel Aviv ci sono grossi problemi con la casa. A Jaffa francesi ed ebrei ricchi hanno acquistato interi palazzi, ristrutturandoli e chiudendo i cortili (una cosa che non si può fare), gli abitanti cercano di opporsi a tutto questo. La stessa cosa vale per il resto della città, che si sta trasformando in una meta turistica europea. Francesi ed inglesi hanno comprato case ed appartamenti, facendo così alzare i prezzi degli immobili. Prima Tel Aviv ospitava prervalentemente studenti universitari, che una volta "sistematisi" si trasferivano nelle zone residenziali della periferia. Ora non è piu' così, per questo nel centro della città è difficile trovare casa.
Negli ultimi anni molti hanno iniziato ad occupare le case. Esistevano tre squat, due sono stati sgomberati, l'altro invece resiste e si trova in un quartiere chiamato Florentine. Lo spazio è molto ben intergrato nel quartiere, ci sono corsi di recupero per i ragazzi del liceo, spazi per le donne anziane che fanno attività culturale.
Piu' Seb continua a raccontare, piu' ci rendiamo conto di quanto sia falsa l'immagine di Israele come Paese ricco. D'altronde, da uno Stato che investe quasi tutto esclusivamente in spese militari, cosa ci si puo' aspettare?
Tel Aviv è una città tendenzialmente di sinistra. C'è molta confusione, soprattutto negli ultimi anni. Seb dice che è molto facile trovare un israeliano che si dichiara socialista e che però è favorevole al mantenimento dei Territori occupati, oppure un nazionalista che invece parla di rispetto dei diritti umani e di ritiro dai territori.
Sembra comunque che rispetto a qualche anno fa le cose stanno cominciando a cambiare. Molte persone mettono in discussione il fondamento stesso dello Stato di Israele.
A mezzogiorno il resto del gruppo viene a prenderci all'ostello e inizia il viaggio verso Erez, il check point che separa Isarele dalla Striscia di Gaza.
Attraversiamo un paesaggio piuttosto spoglio. La cosa impressionante sono i tralicci, presto se ne capisce la ragione: quasi a ridosso del varco, gli israeliani hanno costruito una centrale nucleare.
Alle due e mezza siamo ad Erez già da un'ora, ci fanno aspettare per poter controllare i nostri passaporti. Quando arriviamo troviamo già una decina di persone che attendono sotto il sole, la maggior parte sono uomini, ma c'è anche una famiglia con un bambino, che gioca tranquillo tra le sbarre del check point. Deve essere abituato, ed anche gli altri aspettano pazientemente, scherzando, come se il tempo passato fuori dal posto di controllo fosse del tutto naturale.
Ore 16:00. La maggior parte di noi riesce a passare dall'altra parte. Un tunnel lunghissimo ci porta finalmente nel territorio di Gaza. Le soldatesse israeliane (bambine) si divertono, tra una limatina alle unghie ed un solitario al computer, trovano il tempo per prendere in giro noi, dopo averci posto le solite domande di rito. Mancano ancora dieci persone. Intanto, dalla parte palestinese del tunnel si improvvisa una partita di calcio con gli uomini che si occupano di portare le valigie come dei Caronte che trasportano le anime dei dannati.
Alle cinque riusciamo a passare tutti. Arriviamo finalmente a Gaza, l'accoglienza è incredibile, ci rendiamo conto da subito che la nostra visita è molto importante per loro. Andiamo nel luogo in cui dormiremo, il centro sportivo nazionale giovanile di Gaza city, un bellissimo campo da calcio su cui si affacciano le nostre stanze. Gaza city sorprende per quanto verde c'è. Sempre poco per il quantitativo di abitanti, la piu` alta densita` al mondo. Le donne per strada portano tutte il velo. Dalle descrizioni che avevamo dall`italia sembrava che la Palestina fosse in procinto di una guerra civile. Le sparatorie tra le diverse fazioni politiche ci sono, ma non cosi` frequenti come i giornalisti descrivono.