– ai rappresentanti dell’Autorità Nazionale Palestinese;
– alla società civile palestinese e ai rappresentanti dei partiti e dei movimenti politici;
– agli organi di informazione;
– ai giovani a alle giovani sportive palestinesi.
Apprendiamo con angoscia dai media e dai racconti di quanti sono a Gaza, il dramma che si sta consumando in questi giorni a causa dei nuovi scontri armati tra le fazioni palestinesi.
Siamo le centinaia di giovani che animano la campagna di cooperazione sportiva denominata Sport sotto l’assedio che dal 2004 cerca di supportare le attività di alcune società sportive palestinesi. La nostra idea, rivoluzionaria per alcuni, è che praticare sport in condizioni di occupazione militare è una efficace forma di resistenza, ma anche e soprattutto una forma di crescita sociale e collettiva per gli adolescenti dei campi profughi, dei villaggi e delle città palestinesi.
Grazie all’esempio di tutti i ragazzi e le ragazze palestinesi che abbiamo incontrato abbiamo compreso che sport in Palestina vuol dire vivere! E vivere significa continuare a lottare.
Solo poche settimane fa, per il terzo anno consecutivo, siamo stati a Gaza, nella West Bank, a Gerusalemme in tantissimi è abbiamo visto con i nostri occhi le sofferenze di un popolo che da troppo tempo è vittima di ingiustizie e violenze da parte del governo israeliano.
Abbiamo conosciuto ragazzi che appartengono ad associazioni, università, movimenti politici che indipendentemente dalle loro idee credono tutti in un futuro di pace e giustizia che passi anche attraverso lo sport.
Ora tutto questo è messo nuovamente in discussione ed in pericolo per la grave situazione di conflitto interno che ha fatto in pochi giorni numerose vittime e fatto ripiombare la Striscia di Gaza ai giorni delle peggiori incursioni militari israeliane.
Conosciamo le privazioni e le ingiustizie che hanno portato a tutto questo: l’embargo economico imposto dalla comunità internazionale dopo lo svolgimento delle elezioni del gennaio 2006, la continua opera di occupazione di Israele nella West Bank ed il parallelo isolamento della striscia di Gaza, la sensazione che tutti gli sforzi prodotti in direzione di un dialogo di pace siano vanificati da premesse inaccettabili (vedi il rifiuto a trattare la questione del diritto al ritorno dei profughi), e tante altre.
Riteniamo però inaccettabile che queste premesse portino a versare sangue palestinese per mano dei loro stessi fratelli. L’opera degli occupanti e dei loro sostenitori nel creare divisioni interne ed alimentare lotte fratricide sta in questi giorni avendo pieno successo.
Chiediamo a tutti indistintamente di non rendervi complici di questo crimine e di fare quanto possibile per porre fine a questa fase di scontro anche in nome delle nuove generazioni che hanno bisogno di altri esempi e di diverse premesse per continuare la marcia verso un futuro di pace e giustizia.
Diverse iniziative di Sport sotto l’assedio in Palestina programmate nei prossimi mesi, in particolare per le donne ed i bambini, sono messe in pericolo, e la stessa opera di informazione e di mobilitazione che continuiamo qui in Italia è resa complicata da questi avvenimenti che sono di difficile comprensione per chi ci supporta e per chi crede nella legittima lotta del popolo palestinese.
Continueremo nel futuro a venire in Palestina per incontrare i nostri numerosi amici e proseguiremo ad ospitare giovani sportivi in Italia nell’ambito dei nostri progetti.
Denunceremo come sempre le violenze ed i soprusi che il popolo palestinese subisce. Da qualsiasi parte queste arrivino.
Sport sotto l’assedio