C’era già chi immaginava gli “azzurri”
alzare al cielo una nuova Coppa del mondo. Ma a contendersi
l’ambito trofeo, domani sera, saranno Francia e Giordania, dopo
aver sconfitto rispettivamente Russia e Italia. I mondiali di
calcio sono ormai agli sgoccioli, non quelli ufficiali che si
terranno in Sudafrica tra meno di un mese, ma quelli della Striscia
di Gaza. Una manifestazione organizzata dalla Federazione
calcistica palestinese e sponsorizzata principalmente dall’Undp,
l’agenzia per lo sviluppo delle Nazioni Unite. Oltre 400 i
giocatori coinvolti, migliaia i tifosi sugli spalti, sedici le
“nazionali” scese in campo alla conquista della “Coppa del mondo”:
una copia del famoso trofeo, realizzata con il ferro recuperato tra
le macerie di “Piombo fuso”, l’operazione militare israeliana nella
Striscia di Gaza, che nel dicembre del 2008 provocò 1400 vittime
palestinesi e 13 israeliane.
La Gaza World Cup è stata organizzata in solidarietà al milione e
mezzo di abitanti della Striscia, impossibilitati non solo a
raggiungere il Sudafrica, ma a entrare e uscire liberamente da
Gaza, a causa dello stretto isolamento in cui vivono dal 2007,
quando il movimento islamista Hamas ha preso il potere e Israele ha
chiuso i confini, controllando completamente i movimenti di
materiali e persone. “L’idea è venuta a me e al mio amico Ashraf Hamad – racconta
Patrick Mc Grann, un americano capo di una compagnia non profit, la
Kitegang, che produce giocattoli e organizza eventi benefici – Ci
lamentavamo sia dell’isolamento degli abitanti di Gaza dal resto
del mondo, sia di quello degli stranieri dentro Gaza. E così
abbiamo pensato potesse essere un buon modo per conoscersi a
vicenda e gettare le basi di un dialogo utile ad affrontare alcuni
dei grandi problemi rimasti irrisolti nella regione”.
Un campionato locale, presto cresciuto e finito sulle televisioni
di tutto il mondo, anche grazie agli sponsor (Undp, Bank of
Palestine, Pepsi, Sharek Youth Forum) che in breve hanno fatto
salire il budget a 50 mila dollari. In campo calciatori
professionisti palestinesi e dilettanti stranieri, per lo più
attivisti, giornalisti e operatori di organizzazioni non
governative residenti a Gaza. Come Vittorio Arrigoni, attivista
dell’International Solidarity Movement, unico italiano presente
nella Striscia durante “Piombo Fuso”, nonché primo infortunato del
campionato, nella partita d’esordio che ha visto l’Italia battere
per 1 a 0 i padroni di casa della Palestina. “Ho rilasciato più
interviste a tv e radio internazionali sulla situazione di Gaza a
bordo campo – racconta – che negli ultimi mesi impegnato nelle
dimostrazioni non violente al confine”.
L’obiettivo degli organizzatori era quello di coinvolgere l’intera
comunità in una manifestazione che avrebbe dovuto essere
indipendente e apolitica. La collaborazione del governo di Hamas
non era stata inizialmente prevista, ma poi
“la Federazione Calcistica palestinese, insieme con l’Undp, hanno
coinvolto e invitato un ministro di Hamas per pronunciare un
discorso in apertura – spiega Mc Grann – e così abbiamo perso il
nostro status non politico, come pure 20 mila dollari in scarpe
donate per i giocatori”.
Ogni aspetto della Gaza World Cup, dalla progettazione di loghi, ai
maxi cartelloni pubblicitari, fino alla realizzazione delle maglie
delle 16 nazionali, è stato realizzato con il supporto di artisti e
graphic designer locali. Così come il sito internet 1
affidato a studenti e informatici di Gaza. Artigianale anche la
coppa che verrà alzata al cielo, realizzata da fabbri ormai esperti
nel ridare vita al poco ferro presente nella Striscia, per via
dell’embargo israeliano (per Israele il ferro servirebbe per
costruire i razzi Qassam lanciati da Gaza sul Sud di Israele). A
contendersela, nella cornice dello stadio al-Yarmuk di Gaza City,
saranno Francia e Giordania, nella finale con musica e fuochi
d’artificio di domani. Giorno doppiamente importante per gli
abitanti di Gaza e per tutti i palestinesi, perché anniversario
della Nakba, l’esodo del 1948 degli abitanti arabi della Palestina,
con la nascita dello Stato d’Israele.