Lunedì 4 aprile è stato colpito nella sua auto, una volta uscito dal teatro, Juliano Mer Khamiss, direttore del teatro The Freedom Theatre a Jenin, regista, attore e attivista palestinese e israeliano che seguendo l’esempio di sua madre era tornato a Jenin a ricostruire il teatro distrutto dai
bombardamenti israeliani. Ma al campo profughi più conservatore della
Cisgiordania i bombardamenti sono di diverse nature, di diverse provenienze e mandanti. Il 16 marzo 2009 era stato bruciato il conservatorio di musica di Jenin, il centro Al-Kamandjati, e tra gli scheletri di violini, oud e chitarre c’era anche lo spettro delle minacce per il The Freedom Theatre: era un chiaro
avvertimento e sono cominciate così le minacce per Juliano ed il suo teatro che
infatti si sono visti la porta del teatro bruciata il successivo 15 aprile. Tra minacce e paure tornando a casa la sera, non si aspettava che proprio davanti
al suo teatro, al suo neonato di un anno e di fronte ai suoi bambini – quelli
del campo- dovesse sparagli un uomo armato con il volto coperto. Subito molte manifestazioni di cordoglio e di protesta si sono svolte nei territori palestinesi; ad Haifa, Jenin, Ramallah, centinaia di persone, giovani, artisti e attori, gente comune, si sono dati appuntamento dopo la vigliacca uccisione di Juliano, avvenuta nel campo profughi di jenin. Sotto lo slogan: “Juliano morto per la libertà, la nuova generazione continuerà la tua lotta”, hanno ricordato la sua figura e il suo coraggio. Juliano, direttore del Freedom Theatre, palestinese ed ebreo, ha passato la sua vita vicino ad un popolo che lotta da oltre 60 anni per la libertà di tutti.
Lo hanno ammazzato senza farsi guardare in faccia, con la maschera di chi vuole continuare ad occupare questa terra, ad ammazzare la sua gente.
La sua uccisione farà bene solo agli occupanti; ha reso triste tanti generosi e leali combattenti, amanti della libertà e dell’indipendenza.
Vergogna!!! chiunque esso sia ci ha tolto a tutti noi un amico e un maestro della rivoluzione ma non fermerà la sua e la nostra battaglia. Anche i ragazzi e le ragazze del teatro di Jenin hanno scritto un documento in cui dichiarono di continuare questa battaglia: “Juliano, i bambini di tua madre sono morti, tua madre è morta e così tu: ma noi siamo qui a continuare il cammino per la libertà e la tua promessa di rivoluzione, la
rivoluzione del Gelsomino (…) il cui messaggio non muore e parte dalle mani
della combattenti per la libertà, da qui, dal Teatro della Libertà di Jenin”
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