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Mancano le parole per descrivere la brutalità e la ferocia con cui per le strade del Cairo continua la repressione. Sempre più dura, sempre più spietata. Numerosi i casi di molestie, abusi e violenze sessuali a piazza Tahrir. È ormai assodato che ci sono gruppi organizzati. E’ dal 19 novembre scorso che nelle strade ci sono scontri con i fratelli musulmani che hanno portato alla morte di molti ragazzi con armi da fuoco mirati alla testa, centinaia di feriti e altrettanto gli arresti. Una pausa di qualche giorno per culminare con l’anniversario della Rivoluzione del 25 gennaio con l’ondata dei così detti “black bloc” che in realtà altro non sono che un nome inventato dai mass media e che la polizia usa per legittimare la violenza e la repressione. Il centro del Cairo è blindato da mura che il Ministero dell’interno continua a costruire intorno la loro roccaforte per proteggersi da pietre e molotov. Il 26 gennaio la condanna a morte di 21 ragazzi accusati di aver partecipato al massacro nello stadio di Port Said. L’Egitto però sa cosa accadde quella sera di un anno fa quando vennero spente le luci nello stadio e 74 ragazzi degli Ultras Ahlawi furono lanciati dalle tribune e uccisi brutalmente dalla polizia che ha continuato il suo sporco lavoro, macchiandosi di sangue, picchiando e pestando anche chi veniva soccorso dalle ambulanze. Lo stato come sempre assolve se stesso e sceglie 21 capri espiatori da condannare per lavarsi le mani. Alla notizia della sentenza le famiglie e la gente di Port Said decide di attaccare la prigione. Iniziano gli scontri e i morti arrivano a 31. Il 27 gennaio neanche durante i funerali c’è tregua e la polizia lancia gas lacrimogeni e continua a sparare. I morti sono 7.
Tutto il paese è in rivolta dal Cairo a Port Said ad Alessandria a Suez e Ismaeliya, la popolazione è per strada e sa bene in ogni occasione chi è il vero nemico: dall’esercito alla polizia alle milizie dei fratelli musulmani. Il presidente Morsi, fantoccio, schiavo dell’Europa, dell’Arabia Saudita, del Qatar e dell’America decide di indire il coprifuoco e istituisce la legge marziale nelle città di Port Said, Ismaeliya e Suez. Davanti alla rabbia del popolo neanche questa carta ha funzionato e in ogni città le strade sono piene dall’ora del cosiddetto coprifuoco ossia dalle 21 di sera. Al Cairo il 28 gennaio in ricordo del “venerdì della rabbia” del 2011 un corteo partito dal quartiere Sayeda Zeinab decide di circondare i blindati che da giorni lanciano gas e sparano cartucce verso il ponte di Asr al aini. La polizia nel panico più totale investe tre persone e accerchiati dai manifestanti lasciano i blindati e scappano, uno di loro verrà preso dai manifestanti per poi essere riconsegnato. Quattro le camionette andate a fuoco. Gli arresti sono numerosissimi dall’inizio degli scontri si parla di centinaia e centinaia di arrestati. La strategia del Ministero dell’interno è di non rivelare il loro luogo di detenzione per continuare a picchiare e torturare. Le famiglie girano di questura in questura o (di ospedale in ospedale) per sapere se tra la lista degli arrestati ci siano i loro figli. Alcuni sono tutt’ora dispersi, altri sono in terapia intensiva o con proiettili alla testa o picchiati e in fin di vita. Molti i minorenni. Alcuni vengono rilasciati solo dopo cauzione, ad altri prolungano i giorni di detenzione di 4 in 4. I giorni non hanno nè un inizio nè una fine, gli avvenimenti si susseguono uno dopo l’altro tanto da confondersi, lo scenario si fa sempre più pesante. Il 1 febbraio dopo il corteo verso il palazzo presidenziale sono iniziati gli scontri e l’opposizione politica si è tirata indietro e ha lasciato il popolo di nuovo per strada contro la violenza e la brutalità della polizia. Un uomo è stato denudato e picchiato negli avvenimenti, ci sono stati 150 arresti, 48 feriti e 2 i morti, di cui un ragazzo di 23 anni Mohamad il cui soprannome è “Cristi”. Partecipati i funerali. Nonostante la forte ondata repressiva, la rabbia cresce e il popolo continua a scendere per strada per riappropriarsi della libertà, della vita e della dignità. Con rabbia e con amore continua la guerriglia.