Gerusalemme non è Teheran

Al grido di «Gerusalemme non è Teheran» decine di femministe israeliane hanno sfilato oggi protette da cordoni di polizia ai margini del rione ortodosso ebraico di Mea Shearim (Gerusalemme). All’origine della protesta – autorizzata nei giorni scorsi dalla Corte Suprema – l’imposizione da parte di rabbini estremisti di «strade segregate» dove gli uomini sono separati dalle donne per ragioni di «modestia». La manifestazione si è svolta senza incidenti, anche se ai margini ci sono stati scambi di battute fra le dimostranti e la popolazione ortodossa locale che l’ha vista come una provocazione. «Con che diritto queste dimostranti vengono in casa nostra a dirci come dobbiamo comportarci?», ha detto alla stampa una donna ortodossa. «Domani magari ci entreranno in cucina per dirci cosa dobbiamo cucinare». Una organizzatrice della manifestazione ha replicato che occorre ricordare ai rabbini ortodossi che «anche Mea Shearim fa parte dello stato di Israele» e che non è ammissibile che nelle sue strade venga praticata la segregazione dei sessi. «Se non protestassimo – ha concluso – questa zona diventerebbe ex-territoriale». L’introduzione a Mea Shearim di «marciapiedi separati» e adesso anche di tre strade «chiuse alle donne» è stata imposta ai rabbini da una setta estremista, i ‘Sicarikim’, che si richiama a zeloti attivi a Gerusalemme duemila anni fa che non esitavano a pugnalare per strada gli ebrei sorpresi mentre infrangevano i dettami della Bibbia. Secondo le femministe di Gerusalemme, per imporre la segregazione nelle strade i ‘Sicarikim’ lanciano sulle donne liquami vari, anche a base di cloro.

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