Italia alle guerre stellari con i satelliti d’Israele

fonte: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/

blu-01Tagli per tutti ma non per le forze armate, specie se le spese rafforzano la partnership tra le industrie d’armi nazionali e quelle israeliane. Quarantuno milioni e 600.000 euro sul bilancio 2013; 96 milioni per il 2014 e 53,8 per il 2015. Il ministero della Difesa prevede di spendere quasi 192 milioni di euro in tre anni per dotarsi di un nuovo sistema satellitare ad alta risoluzione ottica per l’osservazione dell’intero globo terrestre, l’OPTSAT 3000, progettato e prodotto da Israele.

Leggero e di dimensioni assai ridotte, l’OPTSAT 3000 si caratterizza per l’agibilità e la manovrabilità da terra e per le notevoli capacità di definizione delle immagini raccolte dallo spazio. Il satellite è tuttavia programmato per funzionare per periodi brevi, non oltre i 6-7 anni dalla sua messa in orbita (prevista entro il 2016).

StopL’accordo italo-israeliano per il nuovo sistema di telerilevamento satellitare prevede che la società Telespazio, controllata da Finmeccanica e dalla holding francese Thales, operi in qualità di prime contractor per la fornitura del satellite e del segmento di terra, dei servizi di lancio e messa in orbita, della preparazione ed esecuzione delle attività operative e logistiche. Telespazio ha sottoscritto con il Ministero della difesa italiano un contratto del valore complessivo di 200 milioni di dollari. Personale della società sarà dislocato in Israele durante le fasi di preparazione al lancio del satellite, nonché presso il Centro di Controllo di Tel Aviv durante le fasi di post-lancio. Il completamento dei test in orbita dell’OPTSAT 3000 sarà realizzato successivamente dal Centro Spaziale del Fucino di Telespazio.

La realizzazione del satellite per un costo di 182 milioni di dollari sarà affidata alla Mbt Space Division delle Israel Aerospace Industries (IAI), le industrie aerospaziali e missilistiche israeliane. A produrre la telecamera spaziale ad “alta definizione” (valore 40 milioni di dollari) sarà invece Elbit Systems Electro-Optics Elop Ltd., una controllata della Elby Systems Ltd, altra azienda strategica israeliana nel campo dei sistemi di comando, controllo, comunicazione, intelligence e dei velivoli senza pilota.

aermacchi-m346-cutawayL’acquisizione del satellite è stata formalizzata con l’accordo di cooperazione militare Italia-Israele firmato a Roma il 19 luglio 2012 dai ministri della difesa dei due paesi. Oltre all’OPTSAT 3000, l’accordo ha previsto la fornitura alle forze armate israeliane di 30 velivoli da addestramento avanzato M-346 prodotti da Alenia-Aermacchi (valore complessivo un miliardo di dollari circa, di cui 600 milioni di pertinenza dell’azienda del gruppo Finmeccanica). I primi velivoli saranno consegnati a partire dalla metà del 2014 e sostituiranno gli A-4 “Skyhawks” utilizzati da Israele per l’addestramento dei piloti dei cacciabombardieri strategici. Le attività di formazione, il supporto logistico e la manutenzione dei velivoli saranno affidate alla società privata TOR di proprietà dei due colossi Israel Aerospace Industries Ltd. ed Elbit Systems Ltd.. Elbit implementerà sui caccia-addestratori un nuovo software, il Vmts (Virtual Mission Training System) che simulerà le funzioni di un moderno radar di scoperta attiva capace di gestire numerose funzioni tattiche e scelte d’armamento complesse. “Utilizzando il software una volta in volo – spiegano i tecnici israeliani – il pilota in addestramento potrà esercitarsi in scenari avanzati, quali la guerra elettronica, la caccia alle installazioni radar e l’uso di sistemi d’arma all’avanguardia”. I sistemi di identificazione e comunicazione e i computer per il controllo di volo saranno forniti invece da Selex ES, altra azienda del gruppo Finmeccanica.

Sempre nell’ambito dell’accordo di cooperazione del luglio 2012, l’Italia si è impegnata ad acquistare due aerei radar “Eitam” del tipo “Gulfstream 550” CAEW (Conformal Aerial Early Warning), con relativi centri di comando e controllo (costo stimato 791 milioni di dollari). Prodotti da Elta Systems ed Israel Aerospace Industries su licenza della statunitense General Dynamics, gli “Eitam” sono operativi con le forze armate d’Israele e Singapore, mentre una variante del velivolo è stato fornito a Cile ed India. L’Aeronautica militare italiana ha già avuto modo di familiarizzarsi con questi sistemi di guerra: a partire del 2010 gli “Eitam” vengono periodicamente dislocati nell’aeroporto di Decimomannu (Cagliari) per partecipare ad esercitazioni congiunte italo-israeliane.

I nuovi aeri-radar consentiranno di monitorare lo spazio aereo e marittimo ed intercettare a diverse miglia di distanza l’arrivo di velivoli, missili e unità navali veloci. Le aziende israeliane doteranno pure gli “Eitam” di sistemi di geo-localizzazione e identificazione dei segnali elettromagnetici emessi dai radar e delle comunicazioni d’intelligence “nemiche”. L’accordo prevede che 750 milioni di dollari finiscano nelle casse di IAI ed Elta System, mentre 41 milioni di dollari andranno a Selex ES per la realizzazione dei sottosistemi di comunicazione, link tattici e identificazione a standard NATO dei due velivoli CAEW.
La reciproca collaborazione per lo sviluppo dei programmi OPSAT 3000, M-346 ed “Eitam” consentirà alle aziende d’armi italo-israeliane di rafforzare la propria presenza nei mercati internazionali. Selex ES ed AEL Sistemas S.A, società controllata da Elbit Systems Ltd, stanno per costituire ad esempio una joint venture per la produzione di tecnologie e sistemi radar a scansione meccanica da destinare ai velivoli d’attacco e di trasporto delle forze armate del Brasile e di altri paesi sudamericani. Ma all’orizzonte ci sono pure i floridi business dei sistemi missilistici e dei droni-spia e killer.

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Esportando l’oppressione: i tentacoli della G4S anche in Colombia

fonte: Boicot a Israel en Colombia
Per maggiori informazioni riguardo la G4S vi consigliamo il sito web Stop G4S

G4S: Complice della repressione israeliana in Palestina

A 17 anni, il palestinese Emad al-Ashhab è stato arrestato dalle forze israeliane e trattenuto per quasi un anno, senza mai esser stato processato. Il giorno che fu arrestato, soldati israeliani gli coprirono la testa con un sacco, gli ammanettarono mani e piedi, lo percossero su tutto il corpo e gli bruciarono le mani con sigarette. Emad  fu rinchiuso nel carcere Ofer in Cisgiordania, dove opera la società di sicurezza G4S.
Nel febbraio 2013, il palestinese Arafat Jaradat è morto a causa delle ripetute torture subite nel carcere israeliano Megido e Kisho. G4s fornisce l’equipaggiamento di vigilanza e sicurezza usati in entrambi i centri di detenzione.

StopG4SLa società britannico/danese di sicurezza G4S è presente in oltre 120 paesi, tra questi ci sono Israele e i territori occupati palestinesi. Lì, G4S opera diverse attività repressive che lo stato d’Israele ha deciso di privatizzare; a causa di questa complicità con l’apartheid israeliana, organizzazioni sociali palestinesi e internazionali hanno promosso una ampia, e sempre con maggiori risultati, campagna di boicottaggio contro la G4S.
Nelle carceri israeliane, G4S fornisce sistemi di sicurezza per sorvegliare e controllare i detenuti/e palestinesi, sia in Cisgiordania che in Israele. Centinaia di detenuti e detenute palestinesi hanno fatto scioperi della fame per denunciare le sistematiche torture di cui sono vittime nelle carceri israeliane, e l’uso frequente di arresti “amministrativi” senza alcun tipo di processo.
G4S opera nelle carceri di Ketziot, Megido e Damon, che rinchiudono prigionieri/e politici/che palestinesi dei territori occupati palestinesi dentro al territorio israeliano, contravvenendo al diritto internazionale. Inoltre la società fornisce equipaggiamento al carcere di Ofer, in Cisgiordania, e per i centri di detenzione di Kisho e Moskobiyyeh, nei quali le organizzazioni dei diritti umani hanno documentato sistematiche torture e maltrattamenti a danni dei prigionieri palestinesi/e.

G4S è inoltre presente negli insediamenti israeliani illegali nella Cisgiordania, dove opera e rifornisce sistemi di sicurezza per le aziende e le abitazioni. Allo stesso modo, nella zona “E-1”, dove si pretende costruire degli insediamenti israeliani per isolare in modo permanente il settore palestinese di Gerusalemme dal resto della Cisgiordania, G4S rifornì equipaggiamenti alla Sede della Polizia Israeliana in Cisgiordania.

g4sNel resto della Cisgiordania, la popolazione palestinese incontra centinaia di posti di blocco israeliani militarizzati (“checkpoints”)  per andare al lavoro, dal medico, ai luoghi sacri o per fare visita ai propri familiari; anche lì è presente G4S. La società rifornisce le squadre di ispezione con valige e scanner corporali usati nei posti di blocco israeliani nei territori occupati in Cisgiordania, e al valico di Erez, che collega la Striscia di Gaza a Israele.
Questi blocchi fanno parte di una rete di controllo che ha come obbiettivo umiliare i/le palestinesi attraverso il maltratto e l’abuso arbitrario del potere.

G4S non ha le mani pulite in altre parti del mondo, dove non  rispetta i diritti dei lavoratori, si arricchisce attraverso la privatizzazione dei servizi pubblici, e collabora nelle deportazioni; ad esempio, l’angolano Jimmy Mubenga è morto mentre era ammanettato nella mani di funzionari della G4S, durante una deportazione da Londra nel 2011. Per tutti questi motivi, la campagna di boicottaggio contro G4S è cresciuta. La società ha già perso contratti presso università, banche e organizzazioni umanitarie in Europa, e si sono organizzate manifestazioni contro la società dal Brasile al Sudafrica.

In Colombia, G4S offre servizi di sicurezza a aziende (Panamericana e Toto) e case particolari. La campagna di boicottaggio colombiana, “Desinversión y Sanción a Israel”, chiede alle aziende e/o persone di cancellare eventuali contratti con la G4S, e che informino la società G4S che stanno cancellando il contratto in solidarietà con  il popolo palestinese.

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Aida Camp – la popolazione resiste contro Esercito Israeliano e Polizia Palestinese

28, 29, 30 agosto 2013

IMG_1130Oggi 30 agosto 2013 e’ il quinto giorno consecutivo di scontri con l’esercito israeliano e la polizia palestinese qui al campo profughi di Aida, Betlemme. Proprio mentre stiamo scrivendo i soldati israeliani stanno sparando lacrimogeni e proiettili di gomma fin dentro al campo dalla torretta di controllo del muro dell’apartheid che lo circonda; noi stessi stiamo scrivendo questo report velocemente a causa dei gas che penetrano fin nelle case e nei negozi.

Ieri sono ufficialmente finiti i tre giorni di lutto nazionale proclamati dall’ANP in risposta all’uccisione di tre giovani durante un raid dell’esercito nel campo di Qalandia (nei pressi di Ramallah,) nella notte tra il 25 ed il 26 agosto. Il 27 e’ stata probabilmente la giornata piu’ violenta sino ad ora, quando l’esercito israeliano e la polizia palestinese hanno entrambi aperto il fuoco sulla folla ad Hebron (al-Khalil) e a Nablus, nel campo profughi di Balata.

Il 28 gli shebab del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina di Aida hanno marciato per le vie del campo in commemorazione della morte di Abu ALi Mustafa, ucciso nel suo ufficio di Ramallah dai servizi segreti sionisti. La partecipazione degli abitanti di Aida e’ stata grande e sentita, in particolare per gli slogan di rabbia lanciati in solidarieta’ ai morti di Qalandia e contro la violenza dell’esercito sionista e della polizia palestinese, usata contro tutte le manifestazione che ci sono state in queste giorni in Cisgiordania. Anche in questo giorno ci sono stati scontri.

aidaIl 29 dal primo pomeriggio ci sono stati violenti scontri con l’esercito israeliano, che si e’ spinto all’interno del campo (cosa abbastanza rara) sino alla moschea, vicino all’asilo infantile dell’UNRWA. Numerosi sono stati i potenti lacrimogeni (vietati dalle leggi internazionali per la loro pericolosita’), i proiettili di gomma e le bombe sonore. La situazione in un primo tempo si e’ calmata con l’arrivo della polizia palestinese, che si e’ posta come forza di interposizione tra i soldati e gli shebab. Nonostante questo piu’ volte la stessa polizia ha minacciato cariche contro le prime file composte per lo piu’ da bambini disarmati.

aida1Oggi, 30 agosto, gli scontri sono iniziati dalle 16,30 circa quando l’esercito sionista e’ sceso dalla Tomba di Rachele (al confine del campo) sino alla strada principale dove, tral’altro, e’ presente l’unico punto di rifornimento di acqua per le famiglie del campo profughi. Un ragazzo e’ stato colpito alla testa da un proettile di gomma e trasferito immediatamente al piu’ vicino ospedale. Noi stessi abbiamo subito in prima persona l’effetto dei numerosi gas lacrimogeni e piu’ volte abbiamo schivato il lancio dei proiettili di gomma (che hanno la capacita’ di forare i pali dell’elettricita’ in ferro). Sino a questo momento (18,45) la polizia palestinese non e’ intervenuta, lasciando gli abitanti del campo alla completa discrezione dell’esercito sionista.
In un bilancio complessivo degli ultimi cinque giorni qui al campo profughi di Aida vi e’ stata una presenza fissa dell’esercito israeliano, che ha risposto alla resistenza degli shebab (armati unicamente di pietre e di tanto coraggio) usando numerosissimi gas lacrimogeni (altamente tossici), bombe sonore (che possono recare problemi all’udito fino ad un mese dopo), proiettili di gomma di diverse dimensioni, tondini di ferro contenuti in proiettili simili a quelli dei gas. Durante le azioni, inoltre, alcuni soldati sono scesi per sparare dal tetto di una casa limitrofa al muro dell’apartheid, con la conseguente evacuzione della famiglia palestinese che li’ abita.
Tutte le notti i soldati sono entrati nel campo per raid notturni, fortunamente sino ad oggi senza aver arrestato nessuno, ma provocando nella popolazione del campo paura, insicurezza e rabbia.
In tutto questo, i principali media nazionali non hanno fatto menzione di quello che qui sta succedendo, essendo controllati direttamente dal corrotto governo dell’ANP e da Abu Mazen in prima persona. Per questo vi preghiamo di far girare queste informazioni quanto piu’ possibile, per riuscire perlomeno dall’esterno a rompere l’assordante muro di silenzio che circonda questa terra e i suoi abitanti.

Con la Palestina nel cuore,
fino alla vittoria

Shebab dell’Aida Camp

p.s.nei prossimi giorni seguiranno aggiornamenti con foto e video

 

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Lotta e resistenza in tutta la Palestina in risposta alle uccisioni di Qalandia

report del 27 agosto

FotoEditata

Dopo l’uccisione da parte dell’esercito israeliano di tre palestinesi, Younes Abu Sheikh, 22 anni, Robin Zayed, 32, e Jihad Aslan di 20 nel campo di Qalandia, tra Gerusalemme e Ramallah oggi è stata la prima giornata di lutto nazionale. In tutta la Palestina ci sono state manifestazioni e scontri contro l’occupazione e la violenza dell’esercito sionista.

Nel campo di Aida, fin dal primo  pomeriggio, gli shebab hanno fronteggiato i soldati israeliani con lanci di sassi e pietre, in risposta ai proiettili di gomma, ai lacrimogeni e alle bombe sonore. Durante le azioni, due bambini sono stati feriti da schegge e un ragazzo da un proiettile di gomma; fortunatamente non c’e’ stato nessun arresto. IMG_1128

Domani ci sarà la seconda giornata di lutto nazionale, proclamata dall’ Anp che non ha smesso in questi giorni i cosidetti colloqui di pace con Israele e che non si è risparmiata nel reprimere la popolazione palestinese in questi giorni di resistenza contro l’esercito israeliano; si  prevedono comunque altre manifestazioni in tutta la Palestina.

seguiranno aggiornamenti

Palestina libera, fuori le truppe sioniste
Shebab del summer camp di Aida.

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At-Tuwani: ogni demolizione, una ricostruzione!

Report 26.8.2013

Giornata convulsa quella di oggi in tutta la West Bank: nella mattinata scontri con l’esercito israeliano nel campo profughi di Qalandiya, vicino a Ramallah, con 3 morti e decine di feriti con conseguenti azioni e manifestazioni di protesta in vari campi profughi che sono durate tutto il pomeriggio.
Nel campo profughi di Aida, i giovani hanno manifestato contro l’esercito israeliano in risposta ai fatti accaduti in mattinata, con lanci di sassi e innalzando barricate. L’esercito ha sparato  proiettili di gomma sulla folla, colpendo alla testa un bambino di 11 anni che ha ricevuto cure immediate senza riportare gravi conseguenze.
Successivamente è intervenuta la polizia palestinese che “ha ripristinato la calma” disperdendo i manifestanti e rimuovendo i copertoni che bloccavano la strada.

100_8168 Nel pomeriggio, gli/le Shebab del Summer camp di Aida sono andat* nel villaggio rurale di At-Twany, situato a sud di Hebron, nei pressi della citta’ di Yattah, in zona C, dove hanno incontrato i ragazzi di Operazione colomba. La zona C e’ una zona sottoposta al controllo civile e militare israeliano, dove vige la legge militare, e dove quasi nulla è permesso, senza apposite richieste e concessioni da parte della DCO (organo amministrativo dell’esercito israeliano).
100_8184Il villaggio conta circa 300 abitanti, in passato per lo più pastori e agricoltori; con la confisca delle terre e l’espandersi delle colonie e degli avamposti illegali (come quello di Havat Ma’on), gli abitanti del villaggio sono stati costretti a cercare lavoro altrove. La bypass road collega le 4 colonie e i 4 avamposti illegali, spaccando a metà il villaggio e dividendo gli altri villaggi della zona, in totale 14, alcuni dei quali abbandonati.
100_8187Obiettivo dell’occupazione è spingere i palestinesi verso la zona nord per ripulire tutta l’area C dalla presenza degli arabi (non solo dei palestinesi). L’occupazione si manifesta attraverso varie forme: i check point volanti e i block roads sopratutto verso Yattah che rendono sempre più difficoltosi gli spostamenti con la funzione di intimidire le persone. A questo si aggiunge il blocco delle merci che non permette alla popolazione locale di sviluppare una propria economia.
100_8192Ci sono poi demolizioni di case, alberi, cisterne dell’acqua, moschee, generatori di elettricità, perchè senza autorizzazioni, volutamente mai concesse. Dopo 10 anni di manifestazioni il villagio di At twani ha ottenuto l’elettricità. Infine si verifica la confisca delle terre che, se non coltivate per un certo numero di anni, diventano state-land, cioè di proprietà dello stato israeliano. E poi ci sono le irruzioni nelle case, gli arresti dei pastori, le cauzioni pagate per il rilascio degli arrestati (una delle modalità con cui l’occupazione si finanzia).

100_8178Nella firing zone si accampano i militari che fanno esercitazioni lunghe intere settimane e che costringono gli abitanti a stare rintanati dentro le proprie case. C’è completa collaborazione tra i coloni e i militari. L’obiettivo ultimo dei coloni e’ di ripulire le terre dalla presenza dei palestinesi e per fare questo, attuano violenze fisiche con frequenti aggressioni a pastori, bambin*, attivist* israelian* e internazional*, uscendo mascherati e usando spranghe, fionde e bastoni. Uccidono gli animali, bruciano il raccolto, abbattono gli ulivi, avvelenano le terre, l’acqua e i pascoli.

La resistenza del villaggio nacque nel 1999 dopo la grande deportazione di 1500 persone di tutti i villaggi della zona dalle proprie case al di là della bypassroad. Nel giro di una settimana gli attivisti israeliani arrivarono a supportare le comunità locali organizzando una grande risposta collettiva. Nel giro di 6 mesi, grazie all’azione legale portata avanti da avvocati israeliani, gli abitanti del villaggio sono potuti tornare nelle loro case. Questa costituì una vittoria incredibile e diede forza per organizzare la resistenza tramite la disubbidienza: alle tante demolizioni, seguono altrettante ricostruzioni, alla cacciata dalla propria terra di un pastore, segue l’occupazione della stessa, da parte di 10 pastori con moltissime pecore.

Molto importante è il lavoro fatto dagli avvocati israeliani che aiutano i palestinesi a reclamare il diritto di stare nella propria terra, attraverso la raccolta dei documenti che attestano la proprietà delle terre, portando avanti delle cause collettive. Infine essenziale è la presenza degli internazionali che raccontano e testimoniano quotidianamente le violenze subite dalla popolazione. Una popolazione che continua a lottare senza arrendersi e che dal 2004 ha ottenuto l’elettricità, la legalizzazione di strutture a rischio di abbattimento come la scuola, la clinica, la moschea e lo stop alla costruzione del muro in quella zona. Il lavoro del comitato di resistenza popolare è quello di informare anche le popolazioni vicine di quanto sta accadendo e di spingere le persone che sono state costrette a scappare, a ritornare nelle loro terre, nelle loro case.

Oggi è in atto una campagna che mira alla cancellazione della firing zone.

Dopo la visita ad At-twany, ci si è spinti nel villaggio di Mufacara, evacuato nel 99 e da poco ripopolato. Anche in questo villaggio si sta attuando la resistenza popolare attraverso la costruzione di nuove case senza i permessi necessari. Fondamentale per la costruzione è stato l’intervento delle donne del villaggio grazie alle quali sono stati aggirati i blocchi stradali dell’esercito che impedivano il trasporto dei materiali edilizi. La presenza delle donne è importantissima durante le manifestazioni e gli arresti, per la loro determinazione e capacità di interporsi con l’esercito.

A fianco della popolazione palestinese, contro ogni sopruso e ogni forma di occupazione
Shebab del summer camp

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Dal campo di solidarietà al centro Amal Al Mustakbal: il futuro esiste

IMG_0208Penultimo giorno di attività al centro  Amal Al Mustakbal: i bambini e le bambine sono sempre più entusiast* e coinvolt*.

Il gruppo di teatro sta provando la recita finale, la narrazione della favola araba di Giubeina sul tema del ritorno: ormai tutt@ sono entrati nella parte. IMG_8676

Il gruppo di disegno ha quasi terminato il lavoro sulle scenografie; quello di fotografia anche stamattina ha accompagnato i bambin* in giro per il campo a fotografare i luoghi per loro piu’ significativi, il muro, la chiave, i negozietti, le persone del campo.

Sempre buona è l’accoglienza ricevuta dai e dalle solidali, che girano all’interno del campo.

Nonostante l’attività si sia ripetuta con bambin@ diversi e in giorni diversi, essi si sono concentrati soprattutto sul ritrarre il muro e ciò che si può vedere attraverso: dalle fessure dei portoni, a quelle tra le varie lastre di cemento, in alcuni casi e’ possibile scorgere l’interno delle torrette o la strada israeliana che lo affianca.P1070917

In alcune zone periferiche del campo, al muro di cemento, si sostituiscono le reti metalliche elettrificate, a cui non è possibile avvicinarsi senza il rischio di prendere scosse.

Le maestre che collaborano costantemente con i e le solidali e che tutto l’anno insegnano al centro Amal Al Mustakbal, stanno realizzando il saggio di danza Dakba, la danza tradizionale palestinese che evoca, sia nei gesti che nelle parole, l’amore per la propria terra, il proprio paese e l’unione tra le persone. Essa è spesso accompagnata dal canto, e da una sorta di poesia iniziale, un canto dal tono malinconico detto mawwal.

Anche la danza dabka verrà presentata nel giorno della festa finale.IMG_8684

Nel pomeriggio, c’è stato un giro a Betlemme, nel mercato del Suq, ricco di negozi di spezie e negozi turistici che contengono oggetti di ogni sorta; non è mancato un giro veloce ai negozi del rabbish.

In serata c’e’ stata una partita di pallavolo al campo di Bayt Jala, tra gli Shebab del summer camp e ragazz@ italian@ che svolgono attività di volontariato nella città di Bayt Sahur, sempre nel circondario di Betlemme.

Aida Camp, partita con iniziale svantaggio, hanno avuto la meglio su Bayt Sahur.

Yalla. Shebab del summer camp

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Voci di donne dalla Palestina: Naja

Naja vive nel campo profughi di Aida Camp, vicino Betlemme. Ci racconta la sua attività politica dal 1982 dentro Fatah, organizzazione che ha abbandonato nel 1993 con gli accordi di Oslo. Una militanza attiva che l’ha vista protagonista anche come donna nella resistenza popolare contro l’occupazione israeliana. Ad Aida ha fondato il centro giovanile Amal Almustakbal.

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La memoria collettiva, attraverso il punto di vista de* bambin*, i murales, i racconti.

20.08.2013

IMG_1990Mancano 4 giorni al termine del summer camp e le attivita’ mattutine riservano sempre nuove sorprese. Il laboratorio di fotografia ha visto i bambini e le bambine mediograndi girare per il campo con la macchina fotografica in mano per ritrarre i luoghi che vivono quotidianamente. Tra quelli che preferiscono si possono annotare la chiave all’ingresso del campo di Aida (simbolo del ritorno), i murales che raccontano la storia della resistenza del campo, il muro dell’apartheid, che per tutti rappresenta il luogo peggiore da fotografare, con particolare riferimento al cancello da dove le truppe di occupazione escono per le incursioni. Alcuni bambini hanno mostrato molto interesse nel fotografare una tomba nel cimitero vicino al muro: vi e’ sepolto un giovane ucciso 5 mesi fa, proveniente dal vicino campo di Al Azza, ucciso dall’esercito sionista a 15 anni durante la partecipazione ad una manifestazione contro l’ultima operazione israeliana su Gaza. Con queste fotografie verra’ realizzata una mostra che sara’ esposta durante la festa di fine summer camp. Anche gli altri laboratori procedono: il gruppo di teatro si sta concentrando sulla rappresentazione del saggio finale, quello di disegno sta preparando le scenografie, quello di giocoleria sta realizzando palline e clave, costruite con carta e riso, il gruppo dello sport sta preparando la perforamce di Karate e quella del percorso ad ostacoli. Tutti i bambini e le bambine si stanno impegnando moltissimo.
deishaNel pomeriggio ci si e’ recati in visita al Refugee Camp di Dheishah, uno dei primi campi profughi del 48, che conta una popolazione di 25.000 abitanti. Nato dapprima come un campo fatto di tende, prende forma piu’ stabile nel 67, dove alle tende si sostituiscono le “case” (piccoli nuclei abitativi formati da una stanza e una cucina senza bagno).

Attualmente la superficie del campo e’ aumentata sino al punto da espandersi verso la citta’ di Betlemme.
andala e martire al azzaGirando per il campo, saltano all’occhio i numerosi murales che mantengono la memoria storica della resistenza all’interno del campo e che per la maggiorparte sono dedicati ai martiri del Fronte popolare di liberazione, tra cui quello dedicato ad Ali Abu Mustafa, segretario del FPLP, assassinato con un omicidio mirato da due missili israeliani lanciati da un elicottero mentre era seduto dietro la sua scrivania a Ramallah; o come il volantino dedicato all’attuale segretario Sadat accusato di aver ordinato l’assassinio nel 2001 del ministro del Turismo israeliano e tutt’ora in carcere. martireAltri murales sono dedicati ad altri martiri, come quello del 15 enne ucciso all’interno del campo dal fuoco israeliano`mentre portava in mano la torta del suo compleanno. Da una terrazza su una casa in costruzione si puo’ osservare l’intera estensione del campo, che si distingue dalla citta’ dalla presenza delle cisterne sui tetti delle case e dal suo sviluppo irregolare. Da un lato e’ visibile la colonia di Efrat, circondata da terreni palestinesi che i coloni stanno cercando di occupare: hanno gia’ costruito una strada riservata solo agli israeliani, a cui dovrebbe seguire la costruzione del muro. Il progetto prevede l’espansione della colonia fino al muro che la dividerebbe dal campo profughi. handalaSulla strada del ritorno abbiamo attraversato il campo di Al Azza, il piu’ piccolo dei tre campi vicino a Betlemme, che contiene i murales di Naji al-Ali, autore palestinese di Handala, il bambino raffigurato sempre di schiena con le mani intrecciate.

 

handala2La serata si e’ conclusa con la proiezione di alcuni video riguardanti le recenti rivolte dei giovani dell’Aida Camp contro gli ultimi raid israeliani su Gaza, svoltesi circa 6 mesi fa. Ne e’ seguito un dibattito con due giovani del Fplp che hanno raccontanto l’attuale attivita’ politica del Fronte Popolare, che ha subito una forte ondata repressiva, sia per mano della polizia palestinese che di quella israeliana, attraverso un massiccio giro di arresti. Nonostante cio’ la resistenza non si ferma: tanti giovani fuori si uniscono alla lotta e credono in una Palestina unita territorialmente e politicamente, contro l’occupazione sionista e contro la politica collaborazionista dell’ Autorita’ Palestinese.

Sempre a fianco della popolazione palestinese, per una palestina Libera.

Yalla Shebab dell’Aida Camp

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Aida camp: una normale giornata in piscina

100_7822Dopo le intense attività raccontante nei giorni scorsi, ieri c’è stato un momento di pausa, con la giornata tanto attesa dai bambini e dai ragazzi del centro: la gita in piscina.

Più di 60 bambini infatti, si sono ritrovati, puntualissimi alle 9.00 del mattino per andare in piscina e li’ si sono scatenati con tuffi, nuotate, giochi con la palla, fino al primo pomeriggio, divertendosi senza sosta e godendosi questa giornata di pura “normalità”, in una quotidianità fatta di occupazione, divieti, lacrimogeni che arrivano all’improvviso, check point da oltrepassare, soldati che con prepotenza fanno incursioni nel campo, muri che oscurano l’orizzonte, genitori che spariscono per anni nelle carceri israeliane. صورةPer cui in questo scenario, anche una “normale giornata in piscina” diventa una giornata davvero speciale.

Sempre contro ogni forma di controllo e occupazione, a fianco delle popolazioni oppresse

gli shebab del summer camp (per un giorno tornati bambini..)

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Voci di donne dalla Palestina: Lenan

Lenan è stata arrestata dall’esercito israeliano per aver voluto fare un corso da estetista in Siria, paese considerato da Israele come nemico. Per questo ha scontato 7 anni di carcere, recentemente è stata rilasciata nello scambio per la liberazione del soldato israeliano Shalit. Lenan fa parte di una famiglia di Nablus i cui membri sono stati tutti in carcere per lunghi anni.

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