Finalmente in Palestina

30-10-09

Partiamo da Tel Aviv sotto una pioggia battente che ci accompagna per tutto il viaggio.
L’arrivo della pioggia, nonostante il caos che porta sulle strade, è comunque una fonte di sollievo in una terra che molto spesso vive lunghi periodi di siccità.

Arriviamo a Gerusalemme, dove, nonostante le preoccupanti notizie delle ultime settimane, la vita nel mercato fuori le mura della città vecchia sembra proseguire con la frenesia di sempre.Abbiamo impiegato più di un’ora per percorrere i pochi chilometri che ci separano da Betlemme dove si trova il campo profughi di Dheisheh ed il centro culturale IBDAA, da anni punto di riferimento per gli internazionali che attraversano i territori occupati.

Il check point che si trova lungo la strada per Betlemme è aperto e stranamente non sembrano esserci militari nei dintorni. Solo dopo essere arrivati al centro e aver scambiato poche battute con i ragazzi dell’IBDAA, ci rendiamo conto che l’assenza dell’esercito Israeliano nelle
strade è sintomo di una calma apparente che non rispecchia il
livello di tensione che nelle ultime settimane si sta vivendo
nell’area di Betlemme e nei campi profughi circostanti. Incontrare
i ragazzi e le ragazze dell’IBDAA è una forte emozione, sia per le
persone che li hanno salutati mesi fa con la promessa di ritornare,
che per chi si trova qui per la prima volta e ha modo di conoscere da
vicino la forza e la dignità di chi vive quotidianamente
l’occupazione militare e la repressione violenta.

Nonostante la calda
accoglienza che le persone del campo di Dheisheh ci riservano,
percepiamo immediatamente forte tensione nell’aria. Dopo esserci
rifocillati con dell’ottimo the alla menta e narghile, abbiamo un
incontro con i compagni e le compagne palestinesi sulle possibili
attività durante la nostra permanenza. Oltre a discutere di
questioni logistiche legate alla nostra permanenza, veniamo a
conoscenza di quello che sta accadendo nell’ultimo periodo: sono
almeno due settimane che l’esercito israeliano esegue continue
incursioni notturne su mezzi blindati e come ulteriore provocazione
viene mandata a tutto volume musica israeliana fino al mattino.
Inoltre, forze speciali per evitare di essere notate durante il loro
avvicinamento ed eludere la resistenza si introducono a piedi nel
campo profughi. Avendo trovato una forte resistenza da parte dei
palestinesi, l’esercito è stato costretto a dover cambiare
strategia per poter accedere e percorrere le strade principali di
accesso al campo profughi.

Dopo questo primo
incontro, andiamo a visitare alcune famiglie del campo di Aida. Uno
degli altri campi profughi della zona di Betlemme, circondato
dall’ormai tristemente “famoso” muro dell’Apartheid, che ha
tagliato fuori gli abitanti del campo dalle terre da loro coltivate.
Dopo aver trovato anche qui una calorosa accoglienza e aver condiviso
con loro possibili percorsi e progetti, ci siamo ripromessi di
ritornare domani per conoscere meglio la vita nel campo.

Torniamo all’IBDAA dove
prepariamo tutti insieme la cena, condividendola in una atmosfera che
per un attimo ci distoglie dalla tensione quotidiana e portando il
buon umore anche tra i nostri fratelli e sorelle palestinesi.
Raccogliamo ulteriori informazioni riguardo lo stato della raccolta
delle olive che quest’ anno
non è stata delle migliori a causa del clima, ma soprattutto come
conseguenza della continua sottrazione delle terre e privazione della
libertà di accesso ai campi per i contadini  da parte di Israele e
della sua politica di espansione delle colonie all’interno della
West Bank.

Domani rimarremo
nell’area di Betlemme per visitare il campo di Dheisheh e conoscere
meglio i progetti che l’IBDAA porta avanti. Successivamente andremo
a visitare delle famiglie di Beit Sahour, una frazione di Betlemme
completamente circondata dal muro e torneremo di nuovo ad Aida per
concludere la giornata a Beit Jalla, altra frazione di Betlemme, dove
parteciperemo ad una festa di celebrazione per la conclusione della
raccolta delle olive.

Without your freedom, we
will never be free!

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