Venerdì dopo venerdì

9 aprile 2010

Giovedì notte abbiamo ricevuto un messaggio: “Sei jeep israeliane sono entrate ad Al Ma’sara”.
Siamo andati lì ed i militari avevano appena lasciato il villaggio dopo aver minacciato due membri del comitato popolare. Con un’incursione hanno voluto spaventare gli abitanti dichiarando che se l’indomani ci fossero stati problemi durante il corteo, non avrebbero aspettato altro tempo per arrestare i due compagni in questione.

Per niente intimoriti, venerdì, ancora una volta, palestinesi, internazionali e israeliani hanno manifestato per le strade del paese rivendicando l’inalienabile diritto alla terra, contro il muro e l’espansione delle colonie.

Il 9 aprile è un’altra data marcata con il sangue nel calendario della storia palestinese; ricorre l’anniversario del massacro di Deir Yassin, quando nel 1948 gruppi armati sionisti hanno invaso un villaggio nei pressi di Gerusalemme trucidando la popolazione. Si parla di un numero non precisato di morti che oscilla tra i 100 e i 250, donne e bambini inclusi, non solo ammazzati sul posto ma anche giustiziati in seguito alla prigionia e alle umiliazioni.
Stupri, bombe lanciate dentro le abitazioni, fosse comuni con persone sepolte ancora vive: tutto questo fu un piano di propaganda del terrore messo in piedi dai sionisti per far fuggire i palestinesi dai loro villaggi e facilitare l’invasione di massa degli ebrei da ogni parte del mondo.

Sei settimane dopo nasce lo Stato d’Israele.

A Deir Yassin, per cancellare la memoria, sono stati piantati degli alberi sulle macerie. Non c’e’ nessuna traccia di quel villaggio e della vita di quelle 600 persone che fino al 1948 vi abitavano.

Eliminare i/le palestinesi dalla storia, calpestandone diritti, cultura e tradizione, è l’obiettivo ultimo del sionismo.
Ancora oggi, l’usurpazione delle terre e la costruzione di nuove colonie risponde a questo terrificante piano, che si fa reale imponendo un modello unico di organizzazione sociale e culturale, quello capitalista e sionista. Il razzismo, ossia il regime di apartheid dello Stato di Israele, registra fra le sue armi più micidiali l’oculata cancellazione della memoria storica degli abitanti originari della terra di Palestina: furto di terreni, cambio di nome dei villaggi, trasformazione radicale del territorio (urbanizzazione selvaggia), revisionismo storico… oltre all’eliminazione fisica, lo sterminio, dei e delle palestinesi.

Per questo lo raccontiamo, per questo ce lo hanno raccontato i palestinesi durante l’immancabile corteo del venerdì ad Al Ma’sara, il villaggio a cui hanno sottratto il 60% delle terre per fare spazio alle colate di cemento della colonia di Efrata e al muro. Ricordare è resistere. Ne parlavamo mentre marciavamo per le strade del paese, raccogliendo partecipanti alla protesta e saluti di consenso.
Ancora una volta ci ha sbarrato il passo una truppa dell’esercito occupante. Il paesaggio era lo stesso: ulivi e campi coltivati sequestrati dal filo spinato e dalle divise d’Israele…
A differenza della scorsa settimana la manifestazione si è sciolta senza atti repressivi e viene riconvocata per il prossimo venerdì.

Lo stesso non si può dire per Gerusalemme Est, dove sono stati arrestati quattro internazionali di un partecipatissimo corteo a Sheikh Jarrah. La manifestazione viene settimanalmente indetta da una forte componente israeliana che, insieme alle famiglie arabe, protestano contro l’espropriazione delle case palestinesi da parte dei coloni. Sheikh Jarrah è un quariere storicamente popolato da arabi nel quale si stanno insediando, in maniera totalmente illegale ma comuqnue appoggiati dall’esercito, alcuni sionisti che rivendicano una fantomatica appartenenza biblica del posto. Solo nell’ultima settimana sono state sgomberate tre famiglie palestinesi che si sommano a quelle attaccate negli ultimi mesi. Gli arresti sono avvenuti quando i manifestanti hanno tentato di forzare il blocco a più riprese per accedere alla strada occupata dai coloni intrusi.

Spari, lacrimogeni e resistenza anche a Nil’in e Nabi Saleh dove le truppe sioniste hanno fronteggiato le proteste del venerdì organizzate dai comitati popolari aderenti al coordinamento. La resistenza continua.

Video di Nil’in e Nabi Saleh

Questa voce è stata pubblicata in Notizie e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.