La verità va affermata. E’ giusto. Ed allora diciamola: non è vero che Israele “può essere sicuro di venire condannato dalle istituzioni, in particolare dalle Nazioni Unite, e dalla stampa internazionale qualunque cosa faccia”, come ha affermato l’on. Fiamma Nirenstein durante la conferenza stampa di presentazione della manifestazione che si terrà a Roma il 7 ottobre “Per la verità, per Israele”.
Israele è condannato dall’opinione pubblica e dall’Onu perché:
– si è impadronito con le guerre e la colonizzazione, del 92% della Palestina storica contro il 54% che le era stato assegnato dall’ONU nel 1948;
– nell’operazione piombo fuso ha impiegato armi non consentite e le ha impiegate anche contro la popolazione civile provocando, secondo l’ong. israeliana B’Tselem, 1387 morti (773, di cui 320 minorenni e 111 donne, non avevano preso parte al conflitto) e
circa 5000 feriti;
– mantiene sotto assedio la striscia di Gaza e l’assedio è illegittimo come hanno dichiarato l’Alta Commissione dell’Onu per i Diritti Umani, il Comitato della Croce Rossa Internazionale, il Comitato Internazionale dell’Ordine degli Avvocati;
– si è annessa Gerusalemme Est subito dopo la guerra dei 6 giorni del 1967 e si sta impadronendo delle case dei palestinesi per far posto ai coloni ebrei in nome della pretesa che Gerusalemme sia propria, per diritto divino, indivisibile ed eterna;
– tiene sotto un regime di costanti vessazioni le popolazioni dei territori occupati dove ha costruito il muro dell’infamia che la Corte dell’Aia ha dichiarato illegittimo;
– trattiene in carcere senza processi, con semplici provvedimenti amministrativi migliaia di cittadini palestinesi.
Israele dunque viene condannato non per “qualsiasi cosa faccia” ma perché viola il diritto internazionale e non rispetta la Carta dei Diritti dell’Uomo.
Si tratta però di condanne senza conseguenze, purtroppo, perché “qualunque cosa faccia”, gode di assoluta impunità: anche quando uccide nove pacifisti indifesi sulla nave Marmara. e dirotta in acque internazionali la nave Irene sulla quale si erano imbarcati ebrei pacifisti e non pericolosi terroristi.
L’on. Nirenstein e “gli amici di Israele” lanciano accuse di antisemitismo a destra e a manca, fingendo di ignorare che anche i palestinesi sono semiti, per cercare di nascondere sotto questa insulsa accusa la natura coloniale e razzista della politica dei governi israeliani.
Noi che apertamente e convintamene appoggiamo la lotta dei palestinesi sappiamo che essa non mira a distruggere lo Stato di Israele ma a liberare il popolo palestinese dalla occupazione, a difenderne la identità e la cultura, a conquistargli la libertà.
Siamo solidali con i palestinesi, come lo siamo con i Kurdi, gli Armeni, i Rom, i Sinti e con tutti coloro che sono oggetto di discriminazioni e persecuzioni o lottano per la propria libertà, per il proprio diritto ad esistere e resistere, nella convinzione che la sicurezza di Israele, come di ogni altro stato, non deriverà dall’impiego della forza, a maggior ragione se illegale, illegittima e di fatto impunita, ma dalla costruzione di una pace giusta per tutti.
Invitiamo tutti a riflettere su questi dati di fatto, su queste “verità”, in primo luogo “gli amici di Israele” ai quali chiediamo di interrogarsi su di un punto cruciale: per sostenere Israele, aiutare gli israeliani e i palestinesi a costruire le condizioni di una pace possibile e giusta è produttivo difendere il governo israeliano a tutti i costi, sempre e comunque o non è necessario condannare la sua politica quando è aggressiva e razzista?
E non si stravolgano i fatti: la Campagna Internazionale Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni, (BDS) che anche associazioni ebraiche appoggiano, non è una forma arbitraria di discriminazione, ma una forma di lotta non violenta contro la politica di apartheid delgoverno israeliano.
L’on. Fiamma Nirenstein non sopporta sentir parlare di apartheid,
vorrebbe anzi che Nelson Mandela dichiarasse senza esitazioni che lo stato israeliano non la pratica; ma forse non sa che il Cosatu, (Congresso dei sindacati sudafricani) determinante nell’abbattimento del regime dell’apartheid in Sud Africa, è stato tra i primi ad equiparare all’apartheid la “politica” israeliana verso i palestinesi e partecipa attivamente alla Campagna BDS.
Noi appoggiamo questa campagna, come seguiamo con simpatia ed apprensione il viaggio dei tre convogli che via terra si stanno dirigendo a Gaza per rompere pacificamente l’assedio e soccorrerne la popolazione stremata, come appoggiamo la Conferenza delle Olive a sostegno della resistenza popolare in Palestina che si terrà il 19 ottobre a Ramallah presso il Centro della Mezzaluna Rossa Palestinese ed auspichiamo (se ci fosse possibile lo pretenderemmo) che i contadini palestinesi che raccoglieranno le olive non siano oggetto dell’attenzione dei cecchini israeliani che ancora quattro giorni fa hanno ucciso un inerme agricoltore novantenne mentre lavorava nel suo orto.
Le nostre, al fianco del Popolo Palestinese, sono forme di lotta non violenta e volte ad edificare le condizioni per la pace. Vorremmo che anche “gli amici di Israele” le considerassero e le apprezzassero come tali, cosa che solo l’adesione acritica ad un progetto razzista e coloniale può rendere poco evidente.
La Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese.
Roma 5 ottobre 2010.