Si sono infiammati oggi i confini di Israele col Libano, con la striscia di Gaza e, per la prima volta dal 1974, con la Siria, nelle Alture del Golan dove alcune migliaia di palestinesi sono riusciti a sfondare il reticolato di frontiera – finora quella più quieta – e a entrare nel territorio controllato da Israele. Sono stati poi respinti dal fuoco dell’esercito ma il bilancio delle vittime, ufficioso e non definitivo, sarebbe di almeno una decina di uccisi sul confine libanese, di dieci sul Golan (uno secondo altre fonti), di uno a Gaza. Numerosi i feriti. I particolari sugli incidenti restano comunque ancora confusi. Le manifestazioni sono state indette per marcare il Giorno della Naqba, anniversario in cui i palestinesi ricordano la «catastrofe» che per loro fu la costituzione di Israele nel 1948 e la cacciata dalle loro case di migliaia di persone. Quest’anno le manifestazioni sono state volutamente indette sui confini con Israele per ribadire che i palestinesi non rinunciano a quello che essi considerano un loro diritto: il ritorno alle case e ai villaggi. Israele si era preparato per il Giorno della Naqba e in previsione di disordini aveva rafforzato lo spiegamento militare in Cisgiordania e lungo il confine con Gaza; lo stesso aveva fatto la polizia nelle aree abitate dalla minoranza araba. Ciò nonostante tutto indica, anche secondo i media locali, che nel Golan sia stato colto di sorpresa. Una fonte diplomatica occidentale sul Golan ha riferito all’ ANSA che una folla di diverse centinaia di manifestanti, civili palestinesi siriani, ha aperto una breccia di una ventina di metri nel reticolato di confine, sventolando bandiere palestinesi. Una parte è poi entrata nel vicino villaggio druso di Majdal Shams. Secondo la fonte al momento dello sfondamento del reticolato non c’erano soldati israeliani nell’area, mentre quelli siriani sono rimasti passivi. Truppe israeliane sono arrivate solo più tardi e hanno prima sparato in aria e poi contro la folla. La radio pubblica israeliana in serata ha parlato di dieci cadaveri di manifestanti palestinesi sconfinati nel Golan consegnati da Israele alla Croce Rossa Internazionale, mentre la fonte diplomatica ha stimato che sia stata uccisa solo una persona e che alcune altre siano state ferite. Solo dopo alcune ore è stato ristabilito l’ordine e gli infiltrati sono stati riportati in Siria tramite l’Onu o la Croce Rossa. Il portavoce militare israeliano ha affermato che dietro gli incidenti odierni si celano la Siria e l’Iran. Ad alcune decine di chilometri di distanza, questa volta sul confine col Libano, all’altezza del villaggio sciita di Marun A-Ras, una folla stimata in centinaia di palestinesi ha cercato di sfondare il reticolato di frontiera per entrare in territorio israeliano. Il tentativo non è riuscito per la decisione reazione dei soldati israeliani che hanno aperto il fuoco e sembra che anche l’esercito libanese abbia cercato con le armi di fermarli. Fonti libanesi attribuiscono a Israele l’uccisione di una decina di persone e il ferimento di almeno un centinaio. In mattinata, a sud, al confine con Gaza, centinaia di palestinesi hanno compiuto un analogo tentativo all’altezza del valico di Erez. Dura e immediata la reazione dell’esercito. I palestinesi denunciano il ferimento di una quarantina di persone, solo una delle quali sarebbe in gravi condizioni. Due palestinesi risultano uccisi dall’esercito israeliano di cui uno di 14 anni. In Cisgiordania diverse manifestazioni hanno ricordato la Naqba, con un raduno di massa a Ramallah. Ma sulla strada tra Gerusalemme e Ramallah, al check point di Qualandia i soldati sono intervenuti per porre fine a sassaiole. Diverse persone sono state ferite. Il premier, Benyamin Netanyahu ha ribadito che «nessuno deve dubitare della volontà di Israele di difendere i suoi confini e la sua sovranita». A suo dire il tema delle manifestazioni con l’accento sul ritorno dimostra che a essere messa in discussione dagli organizzatori è l’esistenza stessa di Israele.
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