Testimonianza raccolta da Nazli Hussein, May Saad, Rasha Azab, Ahmad Abdel Rahman, Ahmad Korashi.
Traduzione di Lina A.
Tutti i giorni parliamo della repressione, dell’ingiustizia e della povertà come se li conoscessimo. Li conosciamo da lontano ma Omar li conosceva da vicino. C’è un video che gira su internet in cui Omar parla del carretto di patata su cui lavorava…Con lo sguardo lontano dalla telecamera dice: “Sono stanco di questo lavoro” e dice anche che suo padre, che lavora su un altro carretto di patata vicino al suo, è morto anche se non è vero. La repressione e la violenza sta nel fatto che un bambino come Omar sia costretto a mentire nella speranza di imparare a leggere e scrivere e nella speranza in una vita diversa, lontano dal carretto di patata.
Non siamo scandalizzati dal fatto che Omar abbia detto che suo padre fosse morto perchè, chi vive la vita di “piazza”, sa che la maggior parte dei bambini di strada sono a volte costretti a mentire per superare le difficili condizioni di vita e questa per noi è una giustificazione auspicabile. Ma le giustificazioni a volte sono atroci e piene di dolore come nell’esperienza di questo bambino ucciso.
La storia reggeva finchè non ci siamo accertati che la foto “del bambino sconosciuto” fosse il “venditore di patata” di cui non si sapeva altro che la notizia della sua morte.
Veniva chiamato “il venditore di patata sconosciuto” fino alla mattina del 13 febbraio giorno in cui è iniziato il viaggio della ricerca tra l’ospedale Al-Mounira e l’obitorio e anche dopo la diffusione del video non potevamo ancora dire che era lo stesso bambino. Ma il medico che ha accolto il corpo di Omar nella sala d’accoglienza dell’ospedale dopo aver visto il video ci ha confermato che era lui, allo stesso tempo ci siamo accertati dalla fonte che era andata all’obitorio di Zeinhom del nome del bambino “Omar Salah Omran”, il venditore di patata che lavora con suo padre nella zona di piazza Tahrir.
Nell’ospedale pubblico Al-Mounira c’erano alcuni medici che hanno trattenuto nel loro cuore ciò che era accaduto quel giorno e ce ne hanno parlato in tutta sincerità.
Ci hanno raccontato che il cadavere del bambino era arrivato alle 15.40 del 3 febbraio trasportato da un’ambulanza che arrivava dalla zona di piazza Tahrir. Nell’ambulanza c’erano le forze dell’ordine che erano rimaste davanti la porta dell’ospedale senza entrare e non hanno detto che l’ambulanza aveva trovato il cadavere del bambino davanti l’edificio dell’Accademia dei servizi sociali che si trova a Garden City. I medici hanno visitato il corpo e il motivo della morte era un proiettile che aveva oltrepassato il cuore del bambino che è morto all’istante, i medici hanno dichiarato quanto visto all’ambulanza… Ma diversamente da quello che fa di solito in questi casi l’ambulanza ossia di portare il corpo e andarsene, c’era l’insistenza di rimanere con il cadavere. Tra i presenti all’ospedale c’era Mohamad al-Sharqawi il capo investigativo della questura di Sayeda Zeinab. Il cadavere del bambino è rimasto nell’ambulanza per 45 minuti e con grande sorpresa chi guidava l’ambulanza insisteva nel trasferimento del corpo dall’ospedale insieme ai suoi amici poliziotti, nonostante tutto ciò non è accaduto, contro ogni regola o legge. Di solito qualcuno del tribunale si presenta all’ospedale per portare avanti le procedure necessarie, il reparto investigativo dovrebbe mettere a verbale il tutto e chiedere al tribunale lo spostamento del corpo al medico legale nell’obitorio di Zeinhom. Il corpo del bambino al contrario di quanto detto è rimasto nel cella-frigo dell’ospedale e questo non è mai accaduto prima.
Il capo investigativo della questura di Zeinhom, Mohamad al-Sharqawi è rimasto e la situazione non è cambiata finchè l’ambulanza non ha trasportato il corpo. I medici hanno cercato di evitare e fermare il trasferimento ed insistevano perchè si facesse un decreto, ma questo non è avvenuto e non è stata registrata l’entrata di Omar Salah o del “cadavere sconosciuto” nell’ospedale.
Il resto della storia è continuata nell’obitorio di Zeinhom, l’accertamento delle notizie che abbiamo avuto è che il corpo di Omar è stato accompagnato da alcuni membri dell’esercito che si sono occupati di tutte le procedure necessarie con “l’approvazione” della famiglia nello stesso giorno. E’ quindi uscito il corpo di Omar in un silenzio assordante senza che la notizia arrivasse a nessuno. Tutto quello che è arrivato di questa notizia agghiacciante nello stesso giorno era qualche riga sull’uccisione in modo erroneo di un venditore di patata vicino all’ambasciata americana con un proiettile da parte di un poliziotto.
Siamo arrivati a diverse testimonianze da diverse fonti che non si conoscono l’un l’altro sull’accaduto. Tutti erano convinti che chi avesse sparato fosse qualcuno dell’esercito che di solito sta davanti all’accademia dei servizi sociali non un poliziotto come aveva dichiarato la stampa.
Dopo essere andati nella zona dell’incidente davanti all’accademia dei servizi sociali per accertarci che ci fossero veramente soldati dell’esercito, non possiamo che credere nelle parole veritiere dei testimoni.
Siamo riusciti a rintracciare l’indirizzo della famiglia di Omar Salah Omran e ci siamo subito diretti verso la loro abitazione, in un quartiere popolare che assomiglia a mille delle case egiziane. Tutto il quartiere conosceva la struggente storia di Omar, appena siamo entrati abbiamo trovato il padre di Omar seduto al bar… Per noi era una sorpresa in quanto sapevamo dal video che il padre di Omar era morto, finchè non abbiamo scoperto una verità ancora più sconcertante, la famiglia sapeva che Omar era stato costretto a mentire per avere la possibilità di istruirsi come gli era stato promesso da un’associazione caritatevole.
Siamo arrivati alla casa e abbiamo trovato il nome del ragazzo ucciso Omar Salah su un foglio di carta scritto a mano. Siamo entrati in casa e abbiamo trovato la madre e le sorelle di Omar. Abbiamo parlato con il padre e gli abbiamo mostrato il video, incredulo di poter vedere e sentire la voce del proprio figlio ha voluto vederlo più di una volta ed era come averlo davanti agli occhi. Il padre ci ha raccontato di aver saputo dell’uccisione di suo figlio dopo poco tempo da altri venditori nella piazza e ha visto il carretto di patata da solo. E’ andato all’ospedale Al-Mounira e non l’ha trovato gli hanno detto che si trovava all’obitorio di Zeinhom dove si è subito diretto, ha incontrato alcuni soldati dell’esercito tra cui uno che ha ammesso di aver ucciso suo figlio per sbaglio mentre parlava con lui. Il corpo è stato sepolto nel silenzio più totale e la famiglia ha rifiutato di rilasciare qualsiasi intervista ai giornalisti.
L’esperienza di Omar Salah Omran ci ha riempiti di una tristezza infinita e dell’inesistente valore della vita. Omar è stato ucciso e ha lasciato la sua famiglia in una tragedia infinita, ma gli assassini continuano a muoversi in piena libertà magari aspettando di colpire una nuova vittima.