Primo giorno della carovana Sport sotto l`assedio nei territori palestinesi.
Siamo arrivati ieri a Gaza e il viaggio percorso da Telaviv alla striscia e` durato piu` di quello dall`Italia a Israele. Non per i chilometri ovviamente, ma per la discrezionalita` dei militari al check point di Eretz, confine tra i territori della striscia di Gaza e Israele. Quel check point che solo pochi palestinesi riescono a passare e che noi abbiamo dovuto passare separati in gruppi, a libero arbitrio dell`esercito.
I primi di noi sono passati subito, poi scaglionati a distanza di ore. Ci aspettavano, i palestinesi, per vedere questi ragazzi e ragazze che dall`Italia arrivano nei Territori occupati per giocare a calcio e cercare di rompere l`assedio, che impedisce tra le altre cose di vivere normalmente anche lo sport.
E subito, i primi arrivati, ancora nel tunnel del check point, ma dalla parte palestinese, possono tirare fuori un pallone sgonfio, soffiare nell`ago finche` si puo`, e improvvisare una partitella con i palestinesi che lavorano al trasporto bagagli. C`e` anche un gol italiano, chissa` che ce ne siano altri in questi giorni…
Dopo piu` di cinque ore di domande e problemi (il tuo passaporto e` scaduto, non e` vero; non avete il permesso di entrare, abbiamo tutti i documenti in regola; e cose del genere) arriviamo a Gaza. Ci accoglie un pullman con scritto "welcome in your country" e si capisce il calore che i palestinesi vogliono trasmettere a noi. Siamo ospitati nel residence dello stadio di Gaza, dove giocheremo la prima partita, domani.
Un po` di cibo, una doccia, un gruppo se ne va a Radio Shabab a fare un`intervista per una trasmissione di carattere sportivo. La sera grandi bevute di acqua in un ristorante dove ci accompagnano diverse delle associazioni che sostengono il progetto.
Stamattina invece alle 9 il ministro palestinese dello sport e` giunto a trovarci e a porci il benvenuto anche lui. Poi siamo andati all`universita`, a conoscere studenti e studentesse, e li` disputeremo anche una partita domani.
Nel pomeriggio, campo profughi di Jabalia.
Per ora qualche problema a pubblicare audio, che speriamo di risolvere al piu` presto.
tutte le fotografie sono state "rubate" dopo ripetute minacce da parte di soldati israeliani armati: sui muri del valico infatti campeggiano numerosi cartelli con il divieto di fotografare qualunque cosa.