PADR E FRONTE POPOLARE, VISITA RESP. CALCIO PALESTINA, SVAGO

La mattinata di mercoledì viene dedicata all'analisi politico sociale di quello che succede nella striscia. Oggi non ci sono partite in programma e la mattina andiamo a conoscere l'attività dell'Associazione per lo sviluppo e la ricostruzione (acronimo PADR), legata al Fronte popolare per la liberazione della Palestina, che non fa parte del nuovo governo di unità nazionale anche se lo appoggia. Quelli del Fronte ci espongono un po' la loro visione delle cose, anche se bisogna tirare fuori le risposte con le pinze. Noi capiamo che non è facile raccontare a un gruppo di persone "straniere" (anche se ci ripetono che la nostra vera patria è la Palestina, non l'Italia, e ci accolgono con i cartelli Welcome to your country) quello che succede, che c'è un po' di imbarazzo misto a reticenza. Quelli del Fronte, non essendo nel nuovo governo, si confermano i più disponibili. E' soprattutto Marian, una militante incarcerata per diversi anni, a raccontare la sua storia e la sua visione delle cose. Non appena torniamo in Italia avremo modo di pubblicare in queste pagine anche la video intervista che le abbiamo fatto.

Lei è attiva nell'associazione delle donne, e si lamenta della mancanza di leader donne nella politica palestinese. Per la verità si lamenta anche della mancanza di leader giovani, "questi sono tutti vecchi dentro e fuori", ci dice, "e vogliono guardare al passato invece che al futuro". Con la vittoria di Hamas le loro difficoltà sono aumentate. Schematizziamo: le donne si organizzano in associazioni islamiche, liberali e di sinistra. Più o meno rispettivamente Hamas, Fatah e Fronte. Gli appoggi internazionali sono dei paesi arabi (soprattutto di quelli con governi religiosi) verso le prime, delle Ong internazionali verso le seconde, e quelle più in difficoltà in questo senso le terze. Le associazioni islamiche, racconta ancora Marian, "comprano" i voti per Hamas facendo assistenza, regalando un piatto di riso o una manciata di soldi.  

La PADR vuole lavorare con i giovani per costruire nuovi leader, sia uomini che donne. Gli ostacoli principali sono, ancora una volta, la negazione del diritto di movimento e l'embargo economico internazionale. C'è un po' di reticenza nell'ammettere che ci siano problemi interni alla società palestinese, e in realtà anche questo è dovuto principalmente all'occupazione israeliana. C'è anche possibilità di divertirsi, e le danze si scatenano sul palco subito dopo gli interventi "seri".

 

Nell'associazione è attivo il primo comitato delle donne, nato nel 1980, la prima associazione femminile di tutta la Palestina. Si occupa di un po' di tutto e lavora principalmente in due direzioni: spiegare alle donne i loro diritti, lavorare per estenderli. Si lotta per lo sviluppo del ruolo della donna nella società, per "ottenere la liberazione della donna con la liberazione della patria".

 

Incontriamo anche i giovani, che ci raccontano come le divisioni tra i partiti dei "grandi" ci sono anche tra di loro, e che ogni divisione sparisce di fronte alle violazioni portate avanti da Israele.

 

Alla domanda "Che Palestina volete voi del Fronte?" ci risponde prima il responsabile dell'associazione, che ci risponde "un parlamento unico, israeliano e palestinese, un unico stato". Il responsabile del gruppo giovanile ci risponde in modo un po' diverso, ponendo l'accento sul chiedere il riconoscimento della Palestina secondo il diritto internazionale, e quindi il ritiro dell'Esercito dai territori occupati nel '67 e il ritorno dei profughi. Il PFLP ci ricorda che loro si sono opposti agli accordi di Oslo e che questi accordi non hanno portato alla nascita dello Stato palestinese.

 

Marian ha scelto il PFLP proprio perché è un organizzazione che non discrimina le donne. Con Hamas le cose sono peggiorate parecchio, sono stati fermati molti progetti, c'è più povertà e disoccupazione.

 

Nel pomeriggio incontriamo il presidente della Federazione palestinese del calcio, affiliata alla Fifa. Ancora una volta i problemi principali che ci vengono esposti sono le difficoltà di movimento e l'embargo che strangola l'economia, quindi problemi sia per i singoli calciatori che per la costruzione delle infrastrutture necessarie a praticare l'attività sportiva. A chi è abituato al calcio miliardario degli sponsor, dei diritti televisivi sembrerà particolarmente strano che i giocatori della selezione nazionale non sono professionisti, ma per giocare devono prendere le ferie dagli altri lavori che fanno per sopravvivere. Come per le ragazze della squadra femminile, non possono mai praticare allenamento con i giocatori della Cisgiordania, e l'allenatore non conosce nemmeno i nomi degli altri giocatori. Si allenano quando possono all'estero, ma poi si aggiungono difficoltà come il trovare il valico di Rafah chiuso e non poter uscire dalla striscia di Gaza. Cosa chiedono alle altre nazioni e a chi vuole aiutarli? La possibilità di potersi allenare, di fare training e di poter imparare.

 

In serata invece ci spostiamo verso uno spettacolo musicale organizzato per noi, dove alcuni hanno la possibilità di fare una lunga intervista a Marian mentre alti si dedicano alle danze.

 
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