31-10-2009
Nella giornata di oggi, 31 Ottobre, siamo
andati a conoscere il territorio di Betlemme e i campi profughi di
Aida e Dheishe, circondati dal muro dell’apartheid e dagli
insediamenti dei coloni israeliani.
Nella prima parte
della mattinata ci siamo diretti nella zona di Beit Saohur, dove le
case dei contadini palestinesi hanno al loro fianco una colonia in
rapida espansione che si sta sviluppando sulla collina sovrastante.
Qui è presente un tipo di divisione fisica costituita da una rete
metallica rigida che, potendo essere rimossa agilmente, viene usata
dagli israeliani per annettere porzioni sempre più grandi di
territorio.
Questo sistema viene praticato nelle zone piu’ periferiche a
differenza delle parti più popolate della città dove è stato
innalzato l’ormai tristemente noto muro costituito da pannelli di
cemento.
Un esempio inquietante di questa strategia, che mira a
trasformare le città palestinesi in prigioni a cielo aperto,
l’abbiamo avuto andando a vedere una casa che è stata circondata su
tre lati per "proteggere" una strada usata solo dai
militari israeliani.
Ci siamo poi
recati all’Aida Camp.
Qua il muro ha tagliato
fuori dalla comunità alcune case e i relativi terreni agricoli. Solo
i proprietari di questi campi e case hanno un documento che gli
permette di valicare il muro, ma nella pratica il passaggio è
consentito a discrezione dei militari. Per la coltivazione
delle terre l’entrata e’ permessa solo al proprietario e ad al
massimo due figli di questo, con la conseguenza di un graduale
abbandono di queste terre per la mancanza materiale di forza lavoro.
Lungo il muro sono
presenti dei graffiti fatti in questi anni, ma recentemente è stata
tracciata una lunga linea celeste a significare la decisione degli
abitanti del campo di non volere più abbellire un simile esempio di
atrocità.Al contrario viene
consigliato a chi vuole fare dei murales di farli all’interno dei
campi.
Successivamente siamo andati a Dheisheh dove abbiamo
visitato la prima struttura dell’Ibdaa center nata nel 1994 grazie
all’impegno della comunità palestinese e all’appoggio di singoli e
di associazioni internazionali.
Qua viene dato
sostegno alla popolazione del campo in ambito medico con grande
attenzione a non isolare i soggetti dalla comunità e socializzando
le soluzioni ai problemi più comuni tramite terapie di gruppo. Inoltre ,per i ragazzi
con problemi di rendimento scolastico è organizzato un percorso
alternativo che mira al loro reinserimento nella scuola cercando di
coinvolgere le famiglie.
Ci è sembrato molto
importante quello che le persone che lavorano qua hanno voluto
sottolineare riguardo la collaborazione e il sostegno economico di
associazioni e singoli individui. Gli aiuti internazionali sono
ovviamente ben accetti, ma nel rispetto dell’autonomia della comunità
del campo in scelte e decisioni. Questa infatti è
l’unica a decidere e non tollera nessuna imposizione esterna.
Nel pomeriggio
siamo stati nella zona di Beit Jalla dove abbiamo conosciuto un
contadino che ha la sua terra nel mezzo di due insediamenti di
coloni. Abbiamo ammirato la
sua forza e dignità nel non voler cedere a nessun ricatto e la
sua resistenza con la continua presenza e il lavoro della terra
anche tramite l’aiuto di molte persone solidali che lo supportano.
Lo stato israeliano vorrebbe unire le due colonie , e per questo ha
anche cercato, senza risultato, di comprare il suo terreno
offrendogli una grossa cifra di denaro.
Abbiamo deciso in
comune accordo con lui di tornare domani e pensiamo di aiutarlo nel
costruire una pavimentazione all’esterno della sua capanna.
Porteremo anche degli
alberi da piantare nel suo terreno per consolidare una pratica di
resistenza che ha gia’ visto la collaborazione di altri palestinesi,
attivisti israeliani ed internazionali.