Oggi, 3 novembre, abbiamo avuto un incontro
all’interno del Dheisheh camp (Betlemme) con un rappresentante dello
SHIRAA, associazione palestinese di lavoratori per lo studio e lo
sviluppo. Quest’unione contiene tutti i comitati dei
lavoratori del distretto di Betlemme.
La creazione di quest’organismo è avvenuta nel 2002
dall’esigenza di sopperire alle mancanze dell’unico sindacato
riconosciuto fino a quel momento dall’Autorità Palestinese.Solo nel 2004 è stato autorizzato ufficialmente e
solo dopo aver fatto ricorso alla corte suprema.
Nonostante la situazione di limbo burocratico nella
quale si trovava prima di quel momento, l’azione di supporto ai
lavoratori negli uffici municipali e nelle cave di estrazione
cominciò comunque. Dopo il riconoscimento ufficiale ci furono le prime
elezioni dei rappresentanti partendo da Betlemme per poi estendersi a
tutta la West Bank.
A tutt’oggi la critica principale mossa contro
l’Autorità Palestinese parte dal fatto che nonostante dagli accordi
di Oslo del 1996 ci sia stato più impiego, i governanti non abbiano
mai fornito nessuna assicurazione, né impegno contro la
disoccupazione.
L’A.P. non ha infatti mai sviluppato un piano
economico di sviluppo partendo dalle reali esigenze della
popolazione. L’idea è stata quindi quella di partire dalla base
attraverso la creazione di cooperative, senza aspettare aiuti
dall’alto.
Il lavoro delle donne, nel campo della produzione di
tessile e alimentare, è stato da subito valorizzato. Attualmente
sono otto i tipi di cibo tradizionale che vengono esportati. Dopo questa breve introduzione ci è stato
presentato un progetto, attualmente in fase di preparazione
all’interno del campo, denominato Green House. In questo caso si cerca una soluzione alle terre
sottratte dal muro che I palestinesi sono ormai quasi del tutto
impossibilitati a coltivare.
Questo problema si aggiunge all’annosa questione
delle terre confiscate dall’occupazione israeliana del 1948. Dalle
ultime statistiche risulta che solo il 10% dei lavoratori palestinesi
sono impiegati in agricoltura. Partendo da un progetto pilota ideato e sperimentato
all’universita del Cairo, ma realmente mai messo in pratica in
nessuna città araba, si vogliono dotare di orti i tetti delle case
del campo.
Gli obiettivi sono di riavvicinare i giovani alla
propria cultura agricola ormai in via di estinzione, di riabilitare
un ambiente fortemente cementificato a causa della alta densità
abitativa, di dare un aiuto alla sussistenza alimentare delle
famiglie e infine di dare la possibilità di vendere i frutti della
coltivazione.
Si partirà da due case per arrivare alle dieci
perviste infine si proverà a passare alle altre. La superficie
prevista per questa prima parte e’ di circa un ettaro (100 metri
quadri per ogni casa) e si prevede la realizzazione in circa sei
anni. Il problema principale su cui si sta lavorando è quello
dell’approvvigionamento dell’acqua. A preoccupare non è tanto il
riciclo dell’acqua piovana e di quella delle docce quanto di dove
stiparla, data la mancanza di spazio che costringerebbe a porre delle
cisterne sotto terra con relativo costo elevato del lavoro.
A questo proposito la richiesta verso l’esterno è
rivolta a chi abbia conoscenze tecniche specifiche per consigliare il
sistema migliore possibile, tenendo conto della poca disponibilità
economica della comunità. In questi giorni andremo di persona a vedere con i
nostri occhi l’area interessata al progetto e chi fosse interessato
ci può contattare per ulteriori informazioni e visitare il sito
dell’associazione http://www.shiraa.org e scrivere direttamente a
queste e-mail:
shiraaorg@yahoo.com , shiraainfo@gmail.com
Allegheremo presto anche l’intera stesura del progetto (in
inglese).