Venerdì 9 dicembre, il giorno del ventiquattresimo anniversario dall’inizio della Prima Intifada, come ogni settimana a Nabi Saleh, villaggio in resistenza, si è tenuto il corteo contro l’espansione coloniale sionista.
Abbiamo spesso documentato gli attacchi dell’esercito israeliano nel villaggio, le incursioni, gli arresti, le demolizioni ma anche la tenacia con la quale la popolazione resiste, supportata anche da solidali internazionali. [Leggi articolo “Israele utilizza la Palestina come campo di sperimentazione per armi “poco letali”]
La violenza spropositata con la quale l’esercito occupante si scaglia contro la popolazione del villaggio, è quindi documentata in decine di video. Qualcosa di indicativo è sempre stato l’uso di lacrimogeni come pallottole, sparati ad altezza d’uomo a distanza ravvicinata.
Ieri, mente la popolazione del villaggio provava a respingere le jeep corazzate dell’esercito, un fitto lancio di lacrimogeni ha ferito diversi partecipanti e ne ha colpito uno a morte. Il suo nome è Mustafa Tamimi, un ragazzo di 28 anni, colpito violentemente sul viso da un lacrimogeno sparato da 1 metro di distanza da un militare israeliano protetto nel suo mezzo corazzato.
Rabbia e amore ci fanno sentire vicini ai suoi cari e alla popolazione del villaggio in resistenza.
Inutile oggi commentare le risate dei soldati, lo spietato diniego ai familiari rispetto la richiesta di accompagnarlo in ospedale, i commenti che continuano a girare in rete scritti da sionisti stupidi e fieri di un nuovo assassinio. Combatteremo la disumana voglia di sopraffazione in ogni angolo della terra.
Oggi a Nabi Saleh è esplosa la rabbia, nuovi scontri accompagnano le grida disperate per un ragazzo strappato alla sua terra e alla sua vita.
Oggi il nostro pensiero va a Bassem e Jawaher, fratello e sorella uccisi a Bil’in dai lacrimogeni dell’esercito occupante, oggi il nostro pensiero va a tutte le persone morte sotto i razzi che Israele continua a lanciare a Gaza, oggi il nostro cuore piange per ogni combattente morto/a.
Pochi giorni fa, commentando il processo che a breve si aprirà rispetto il gravissimo ferimento di Tristan Anderson, attivista internazionale colpito a Nil’in da un lacrimogeno e che ancora oggi versa in condizioni terribili, si diceva: “Se si fosse trattato di un palestinese, sarebbe morto”, facendo un ovvio riferimento alla brutalità con la quale Israele interviene in queste circostanze nei confronti dei palestinesi.
Oggi il mondo grida che Mustafa, Bassem e Jawaher sono vivi e lottano insieme a noi.
Free Palestine!