“Mubarak non è più al potere, ma noi siamo ancora imprigionati” di Mohamed Majdalawi

traduzione a cura di Free Palestine Roma, dal blog di Mohamed Majdalawi

Negli ultimi giorni del mio tour in Inghilterra, dove ero stato in visita per un programma di leadership, ho lasciato Manchester per tornare a Londra per andare dall’ambasciata egiziana ed ottenere il m visto per entrare in Egitto, così da tornare a casa a Gaza. Ho ricevuto il mio visto il 21 dicembre, per partire il giorno successivo. Il mio supervisore del programma, il dottor Imad mi disse che voleva venire con me all’ aeroporto. Tre ore prima del mio volo, siamo andati a cena, dove abbiamo discusso il programma di leadership e i cambiamenti che immaginavamo nella nostra comunità nel futuro. Il discorso era buono, e stimolante, ma durante la conversazione, mi disse che sperava che gli Egiziani non mi avrebbe mandato nella stanza di detenzione. Lui era stato lì,e mi racconto’ dello stato miserabile di quella detenzione.

Essendo la prima volta che viaggiavo da Gaza ad aderivo al programma di formazione della leadership, non sapevo di questa stanza. Dopo cena, il dottor Imad mi ha portato all’aeroporto Heathrow di Londra, e mi sentivo sicuro su tutto. Sono arrivato all’aeroporto internazionale del Cairo alle 4.30 del mattino, e seguivo i miei compagni di viaggio,che avevano già passato i controlli. Quando fu il mio turno, ho dato il mio passaporto alla  donna seduta al tavolo. Lei lo guardò stranamente, e poi mi ha chiesto di sedermi sulla sedia. Rimasi lì a lungo, con la mia famiglia preoccupata,  mia madre mi chiamava ogni ora. Le ho detto che non sarei stato inviato nella stanza di detenzione. Avevo ancora speranza.

Durante questo periodo, guardavo altri presentare il passaporto e ottenere il permesso di andare a casa. Mi si è spezzato il cuore e ho sentito che questo era disumano – aspettare 2 ore per avere una risposta – ed ero preoccupato per la mia borsa. Sono tornato dalla donna del tavolo e le dissi che ero stato lì per due ore, e che avevo bisogno di una risposta su dove stavo andando. Un poliziotto si avvicinò e disse: “Siediti qui, e non parlare troppo. Stiamo aspettando il poliziotto, che ti prenda e ti porti nella stanza di detenzione. Non avrai indietro il passaporto fino sabato mattina. ”

Sono riuscito ad riprendere i miei bagagli solo dopo aver pagato un poliziotto. Alcuni studenti palestinesi si sono uniti a me in quel momento. Erano venuti dalla Malesia, dopo aver visitato le loro famiglie durante le feste natalizie. Alla fine dopo due ore ci hanno condotti nella stanza, e c’erano anche delle giovani ragazze dentro.

La camera era in cattivo stato, inospitale e malsana,  affollata di giovani palestinesi, che erano venuti a visitare, o incontrare le loro famiglie. C’era un bagno in camera e l’odore era pessimo. E nonostante il fatto che la gente a volte fosse bloccata qui per diversi giorni, non c’erano letti, solo sedie. Così la gente usava quello che avevano per dormire sul pavimento. Qualcuno si lamentava per la  negligenza, la sofferenza, e la tragedia. Un altro ha scritto la data in cui entrò nella stanza, sulla parete, e disse che non aveva idea di quando sarebbe stato in grado di lasciarla. Uno, Abu Karem, mi ha detto che quello era il suo terzo giorno qui, e sperava di poter viaggiare  il giorno seguente. Ho visto anche un amico che era venuto dal Qatar, dove stava seguendo un corso di formazione con Al Jazeera, ho incontrato gli ingegneri palestinesi; ho incontrato qualcuno che era andato per la prima volta a incontrare il nonno in Arabia Saudita.

Ma un poliziotto egiziano ci ha detto che rispettava noi stessi e dovevamo rendere grazie a Dio di trovarci in quella stanza.

Alcune delle persone nella stanza sono state trattenute lì per più di cinque giorni e non aveva più soldi perché doveva comprare tutto il cibo che le guardie davano, che ci hanno venduto a tre volte il prezzo originario.

Infine, il giorno successivo alle ore 10, un rappresentante dell’ambasciata è venuto a prendere tutti noi fino al confine di Rafah. Ha avuto i nostri passaporti e abbiamo pagato soldi per le tasse degli autobus, e siamo arrivati al confine alle 5 del pomeriggio, dopo una giornata molto lunga.

Quando si entra l’aeroporto a vedere il bel panorama, non si può immaginare che all’interno di questo aeroporto vi sia una sala inadeguata anche per gli animali. Quando ho parlato con un agente di polizia lì, ho chiesto, di metterci in una camera migliore, siamo esseri umani! Lui ha risposto con un sorriso cattivo dicendo che avrebbe dovuto raccogliere denaro da parte di tutti per costruirne una.

Spero di sentire la vera libertà un giorno e mi auguro il governo rispetterà gli Egiziani e l’umanità.

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