Egitto: la Rivoluzione non è finita

In questi giorni in Egitto ci sono stati due importanti eventi: il primo turno delle elezioni, le prime dopo la cacciata di Mubarak e il processo proprio all’ex presidente e a tutta la sua giunta per l’uccisione dei rivoluzionari e per altri reati come corruzione e coinvolgimento nella vendita di terre dello Stato a prezzi illeciti, come ai suoi figli Gamal e Alaa. Il processo ha avuto luogo nell’Accademia di polizia al Cairo, ad aspettare l’ex presidente fuori dalla Corte i genitori dei ragazzi uccisi nella rivoluzione. Mubarak è arrivato in elicottero, mentre gli altri imputati erano già all’interno della corte dietro le sbarre.

Al primo turno delle elezioni è uscito vincente il candidato dei Fratelli Musulmani, l’islamista Mohammed Mursi, ottenendo circa 5,7 milioni di voti. Tuttavia in Egitto si pensa che il favorito sia il suo sfidante Ahmad Shafiq, l’ultimo primo ministro del passato regime di Mubarak. Shafiq viene ricordato dagli egiziani come l’artefice della “battaglia del cammello” ordinando a gang di criminali di travolgere appunto cavalcando cavalli e cammelli i manifestanti accampati in piazza Tahrir. Proprio uno degli episodi portati in Tribunale dagli avvocati contro Mubarak e i suoi fedeli. Se andiamo a guardare ormai la vita politica in Egitto dal 25 gennaio dell’anno scorso e le reazioni della popolazione egiziana in questi giorni non ci sembra difficile credere ad un massiccio broglio elettorale. Infatti la maggior parte della gente ha votato Hamdin Sabahi il nasserista, ma ovviamente non si poteva portarlo al ballottaggio perché questo avrebbe significato la sua vittoria, allora hanno pensato bene di aggiungere qualche zero qua e là e magicamente Shafiq e Morsi si contendono il trono.

Shafiq esce quindi di scena dal processo a Mubarak e alla sua giunta per trovarsi quasi alla vittoria di queste vergognose elezioni. L’ex rais riconosciuto colpevole della morte di 850 manifestanti durante la rivoluzione araba, il Faraone, l’uomo che per 30 anni ha governato il paese con l’aiuto dell’esercito e progettava di passare lo scettro al figlio Gamal, è stato condannato a 25 anni, la pena maggiore per la legge egiziana. Condanne quindi solo per lui e il suo ex primo ministro degli interni Habib Al Adly, mentre tutto il resto della giunta viene assolta in questo processo farsa. Alla sentenza la folla, che era composta a maggioranza dai familiari dei ragazzi uccisi, è esplosa con una rabbia che ci ricorda le prime giornate della Rivoluzione che evidentemente ancora va difesa con la lotta. Subito tutte le forze politiche sono di nuovo scese in piazza: dal movimento 6 Aprile, agli Ultras, ai vari movimenti di donne, ai fratelli musulmani e i vari islamisti, ai partiti che sostengono Hamdin Sabahi piuttosto che Abu al futuh. Non solo al Cairo ma in tutte le città egiziane.

La rabbia è tanta, è stato bruciato anche l’ufficio del candidato presidenziale Shafiq. Due noti attivisti sono stati accusati di essere stati i protagonisti dell’accaduto, ma poi rilasciati. Nessuno vuole tornare a casa, questo mentre i fratelli musulmani cercano di impossessarsi delle piazze. Lo stesso candidato Morsi ha annunciato che se eletto rifarà il processo alla giunta di Mubarak: “I rivoluzionari devono restare nelle piazze e confermo il mio appello a continuare le manifestazioni fino a quando gli obiettivi della rivoluzione non saranno raggiunti”, ha affermato.

 Insomma in Egitto la Rivoluzione non è finita. Comunque andranno queste elezioni non sarà un periodo facile. Questo in un momento in cui non c’è l’oro nero. File di macchine attendono il proprio turno per fare benzina e stranamente questa crisi è iniziata proprio dopo il risultato delle elezioni e a qualche giorno dalla decisione dell’alta corte di condannare Mubarak.

Noi continueremo a seguire.

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