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Mentre Israele sta ultimando il muro al confine con l’Egitto e si affretta a costruirne uno simile al confine con il Libano, la segregazione e la stigmatizzazione dei migranti africani che hanno varcato la frontiera, si solidifica nel mostruoso progetto per la costruzione di un lager che possa rinchiudere fino ad 8.000 persone.
Pubblichiamo un articolo comparso sulla stampa internazionale unicamente per condividere le informazioni:
Israele costruisce il più grande centro di detenzione del mondo
Migliaia di richiedenti asilo africani scampati alla persecuzione potrebbero finire nel campo nel deserto del Negev
“Israele comincerà presto a costruire un’ampia struttura detentiva nel deserto del Negev destinata alle migliaia di immigrati che entrano illegalmente in Israele dall’egitto ogni anno.
I gruppi per i diritti umani hanno paura che il centro di detenzione, il più grande di questo tipo nel mondo, con una capienza ricettiva di 8.000 posti, si trasfromerà in un campo profughi e negherà a coloro che fuggono dalle persecuzioni nel paese d’origine il diritto di chiedere asilo in israele.
Il progetto è stato approvato dal governo di destra di israele 18 mesi fa, ma molti israeliani si sentono a disagio al pensiero di negare l’asilo a persone provenienti dai paesi africani straziati dalle guerre, a causa della propria storia come nazione di rifugiati.
Un funzionario governativo ha dichiarato al giornale Haaretz che “Faremo di tutto per garantire condizioni di umanità. Noi non avremmo voluto costruire una struttura simile. Ma si è reso necessario a causa delle circostanze in cui ci troviamo”.
La struttura, che sarà costruita sul terreno della prigione di Ketziot, vicino al confine meridionale di israele, servirà ad accogliere i migranti, comprese donne e bambini, per i tre anni che precedono la deportazione verso i paesi d’orgine; coloro che provengono dagli stati “nemici”, come il Sudan, che non possono essere rimpatriati, potranno essere detenuti a tempo indeterminato.
Il centro, in cui saranno garantite cure mediche, attività sociali e sportive, ha lo scopo di contenere l’immigrazione, visto che la popolazione immigrata secondo i politici minaccia di superare la popolazione israeliana di 7 milioni e mezzo. Diciotto mesi fa, il primo minisro Netanyauh ha detto che “è ora di fermare questo flusso crescente che minaccia il lavoro degli israeliani e modifica il carattere dello stato”.
Ogni anno, migliaia di africani, la maggioranza da Sudan ed eritrea, intraprendono il difficile viaggio verso israele attraverso l’arida penisola del Sinai, un territorio senza legge dove i trafficanti beduini estorcono altissime cifre ai rifugiati che tentano di superare i pattugliamenti sul confien egiziano.
Il ministro dell’interno israeliano stima che l’anno scorso 17.000 persone hanno attraversato il confine tra Egitto e Israele, molti di più negli anni precedenti. Molti di loro sono stati incitti dalla decisione da parte di Israele di costruire al confine una barriera sorvegliata elettronicamente.
Reut Michaeli, direttore della linea telefonica per l’assistenza ai lavoratori immigrati, ha dichiarato che la costruzione di un centro di detenzione non rappresenterà un deterrente: “Le persone emigrano per salvarsi la vita e non smetteranno di arrivare solo perché rischiano di passare tre anni in un centro di detenzione”.
Israele sostiene invece che molti richiedenti asilo sono in realtà migranti economici, un’ipotesi confermata dal numero di persone che ottengono l’asilo ogni anno: meno dell’uno per cento del totale.
Ma i gruppi che difenzono i diritti umani sostengono che molti dei migranti sudanesi ed eritrei stanno scappando dalle persecuzioni nel loro paese d’origine, citando gli studi che dimostrano che l’anno scorso l’80 per centro degli immigrati eritrei e il 60 per cento di quelli sudanesi avevano diritto allo stato di rifugiato.
Attualmente, Israele non deporta gli immigrati in Eritrea e in Sudan, a causa dell’instabilità della situazione in quei paesi. Comunque, non gli riconosce nemmeno lo status di rifugiati.”