Giornata della terra, 30 marzo: la rabbia al Checkpoint di Betlemme

Video di alcuni momenti della giornata di lotta del 30 marzo a Betlemme, contro il colonialismo e l’occupazione militare sionista in Palestina.
Il checkpoint è uno dei varchi controllati dall’esercito israeliano lungo il muro dell’apartheid e, in questo caso, separa Betlemme da Gerusalemme.
Buona visione!
Alcuni momenti della manifestazione del 30 marzo vissuti davanti il checkpoint a Betlemme:
http://youtu.be/6plS_YTEfO4

Pochi secondi ripresi nel panico totale da dentro la torretta di controllo:
http://youtu.be/_cEJoUXSxBE

Oltre a questa breve testimonianza, per conoscere meglio i dispositivi che Israele utilizza per saccheggiare, separare e opprimere, vi consigliamo questo video autoprodotto da FreePalestine Roma grazie al racconto di un compagno che vive nel campo profughi di Aida:
“Storie da Aida Camp”

 

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Grecia, Stati Uniti e Israele impegnati in esercitazioni militari congiunte

Fonte: media israeliani

Israele, Stati Uniti e Grecia sono nel pieno di un’esercitazione congiunta nel Mar Mediterraneo, in ciò che i media greci stanno chiamando come “un messaggio alla Turchia” in seguito al logoramento dei legami con lo stato sionista e quello greco.

L’esercitazione, chiamata “Noble Dina”, riguarda simulazioni di combattimento contro sottomarini, battaglie aeree e la difesa delle piattaforme di gas naturale in mare.  La “Sesta flotta” statunitense partecipa anch’essa nell’esercitazione, e così i media greci, i quali per primi hanno riportato la notizia, la descrivono come qualcosa che vada concepita come un messaggio da spedire alla Turchia.

Le forze d’occupazione militare israeliane hanno confermato che l’esercitazione è in corso, ma hanno rifiutato di comunicare ulteriori dettagli.

L’esercitazione congiunta è iniziata il 26 marzo ed è programmata per essere conclusa il 5 aprile. Secondo fonti giornalistiche greche, l’esercitazione è iniziata nella base militare americana a Creta. Stando a quel che si dice, nelle esercitazioni sono coinvolti un cacciatorpediniere e un sottomarino greco, un’imbarcazione della marina israeliana, diverse corazzate della “Sesta flotta” statunitense,  oltre ad aerei da combattimento ed elicotteri israeliani, greci e americani.

Secondo le informazioni pubblicare sul sito internet Defencenet.gr, parte delle esercitazioni avranno luogo fuori dalle coste della Turchia, vicino l’isola greca di Mais, continueranno poi nelle coste a sud di Cipro prima di concludere al porto di Haifa.

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Azione di boicottaggio a Berlino contro i prodotti Soda Stream

Pubblichiamo il video di un’azione di boicottaggio contro i prodotti Soda Stream compiuta in solidarietà con la popolazione palestinese durante la giornata della terra, il 30 marzo 2012.
Ricordiamo che i prodotti Soda Stream sono distribuiti anche in Italia, visibilmente in mostra nei supermercati della COOP che tanto sbandierano il consumo etico. Scegliere di non acquistare questi prodotti “eco-chic” spetta a tutt* coloro che rifiutano di essere silenziosamente complici del progetto coloniale sionista sulle terre palestinesi. Come abbiamo già raccontato, il principale impianto della Soda Stream sorge sulle terre palestinesi all’interno di una colonia israeliana, un insediamento costruito grazie al saccheggio di terre tramite l’occupazione militare e l’espansionismo brutale.
Boicotta Israele, Rifiuta l’apartheid!
Per maggiori info in tedesco: Bds-kampagne

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La rivoluzione imperfetta: il Movimento 15 Marzo un anno dopo

di Linah Alsaafin per Electronic Intifada
Traduzione a cura di Cecilia Dalla Negra

Il 17 febbraio 2011 un gruppo di giovani attivisti si è incontrato in un qualunque caffè di Ramallah per pianificare una rivoluzione. Qualcuno si conosceva già, altri non si erano mai visti. Si sono collegati via Skype con quattro attivisti di Gaza in un meeting che, inizialmente, si è concentrato sugli sforzi necessari per portare sui social media azioni concrete, con l’obiettivo di reindirizzare il corso palestinese verso la rivendicazione dei propri diritti dall’oppressore, ancora una volta.

Questa è stata la nascita del Movimento 15 Marzo – un movimento dalla vita breve – come è stato soprannominato dai media dopo l’evento che ha avuto luogo in quella data, lo scorso anno. Il Movimento faceva appello alla riconciliazione nazionale, usando il grido di battaglia “fine delle divisioni” tra Hamas e Fatah. Grandi manifestazioni si sono svolte a Gaza City come a Ramallah, dove i dimostranti sono stati dirottati dai sostenitori di Hamas  e Fatah o repressi dalle rispettive forze di sicurezza. La maggior parte di loro sono stati picchiati. Il movimento si è esaurito in tempi relativamente brevi e, ad un primo sguardo, sembra essere stato solo un altro capitolo – minore e fallimentare – nella storia delle fazioni palestinesi, dei gruppi giovanili e dei blocchi politici. Ma chi erano gli attivisti che hanno fatto appello per le proteste, e che cosa è stato davvero il 15 marzo?

Uscire dagli schemi

Prima delle rivoluzioni in Egitto e Tunisia, molti attivisti avevano pensato di organizzare un grande evento in un giorno particolare. Il feudo di Hamas nella Striscia di Gaza, e il controllo dell’Autorità Palestinese in West Bank hanno seriamente soffocato la libertà di espressione e ridotto i diritti individuali, creando un’atmosfera di tensione non diversa da quella di uno stato di polizia. Esprimersi apertamente – per quanto casualmente – contro le fazioni politiche potrebbe condurre ad arresti, soprusi, minacce. I giovani attivisti erano determinati a rompere gli schemi autocratici di governo delle loro stesse leadership, viste come un’altra faccia dell’occupazione israeliana.

Quando sono scoppiate le rivolte in Egitto e Tunisia, gli attivisti a Ramallah hanno organizzato piccole manifestazioni di solidarietà: i dimostranti sono stati picchiati dalle forze di sicurezza preventiva dell’Autorità Palestinese. Una protesta o una manifestazione non possono avere luogo in West Bank senza aver avuto l’approvazione o un ualche tipo di autorizzazione da parte dell’Autorità Palestinese. Parallelamente, su Facebook cominciavano ad apparire molte pagine contro la divisione tra Hamas e Fatah e contro l’occupazione israeliana, con decine di migliaia di sostenitori.

Ebaa Razeq, attivista di Gaza, è venuta a sapere dell’iniziativa attraverso blog e Facebook ancora prima che i suoi amici la invitassero a far parte del gruppo. “Hanno iniziato a lavorare rivolgendosi ad autisti, commercianti, famiglie, studenti, sindacati e associazioni”, ricorda. “Non si trattava di reclutare gruppi di ragazzi, ma di coinvolgere la popolazione: è una delle ragioni  per cui ho creduto nel Movimento”. Continua a leggere

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Hend Badawy: la ragazza che ha cacciato el-Moushir

Hend Badawy ha partecipato alle manifestazione in Egitto, è scesa in piazza per una società migliore. Lo SCAF l’ha aggredita picchiata umiliata. Quando El-Moushir l’è andata a trovare lei lo ha cacciato.

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Colonizzazione della Mente: Normalizzare questo!

Tradotto da Stop Agrexco Italia
Fonte: Palestine Chronicle
(Trascrizione completa. Estratti di questo discorso sono stati presentati presso l’Università di Sydney in Australia durante la Settimana contro l’Apartheid israeliano, 2012.)

Vorrei parlare di normalizzazione. Ho trovato la migliore definizione del termine “normalizzazione” sul sito per la Campagna Palestinese per il boicottaggio culturale e accademico:

“La normalizzazione è la colonizzazione della mente, per cui il soggetto oppresso arriva a credere che la realtà dell’oppressore è l’unica realtà ‘normale’ da sottoscrivere, e che l’oppressione è un fatto della vita che deve essere sopportato.”

Quindi, i progetti che costituiscono normalizzazione non riguardano libertà, giustizia e liberazione, ma cercano di anestetizzare le nostre menti all’orrore dell’occupazione, in modo da accettarlo come normale, permanente, un’immutabile realtà fissa!

Progetto tipici di normalizzazione vedono palestinesi e israeliani insieme per parlare di come accettarsi gli uni degli altri per ridurre l’odio che alimenta il conflitto! Ma senza prendere provvedimenti di alcun tipo per cambiare l’ambiente che crea l’animosità. Come se la resistenza palestinese fosse nata dalle emozioni di odio e non da atti di oppressione, dalla rabbia irrazionale e non dall’esproprio, dall’ostilità insensata e non da atti di pulizia etnica!

Promotori della normalizzazione vorrebbero farci credere che le loro cosiddette iniziative congiunte di pace sono la prova definitiva per distinguere fra un moderato e un terrorista. Un moderato si farebbe coinvolgere, coopererebbe, sarebbe per la riconciliazione e la co-esistenza, ma non contesterebbe direttamente l’oppressione. Un moderato avrebbe imparato a convivere con lo status quo e tollerarlo. Chi rifiuta lo status quo e si adoperi per cambiarla non è interessato alla pace, è pieno di odio, è un radicale, ed è un terrorista. E fintanto queste etichette vengono propagandate, sperano che la gente si faccia intimidire fino all’acquiescenza. Continua a leggere

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Israele costruirà il centro di detenzione per migranti più grande del mondo

Vi invitiamo a leggere alcuni articoli correlati:
1. “Sperimentando l’Apartheid…arrivano i lager per migranti”
2. “Contro muri e frontiere: una sola barricata!”
3. “Israele: iniziano le deportazioni di bambini e genitori immigrati”
4. “Italia dichiara guerra ai migranti con i radar d’Israele”
5. “La barriera di ferro tra Israele ed Egitto”
6. “Tel Aviv: manifestazione razzista contro gli africani”

Mentre Israele sta ultimando il muro al confine con l’Egitto e si affretta a costruirne uno simile al confine con il Libano, la segregazione e la stigmatizzazione dei migranti africani che hanno varcato la frontiera, si solidifica nel mostruoso progetto per la costruzione di un lager che possa rinchiudere fino ad 8.000 persone.
Pubblichiamo un articolo comparso sulla stampa internazionale unicamente per condividere le informazioni:

Israele costruisce il più grande centro di detenzione del mondo
Migliaia di richiedenti asilo africani scampati alla persecuzione potrebbero finire nel campo nel deserto del Negev

“Israele comincerà presto a costruire un’ampia struttura detentiva nel deserto del Negev destinata alle migliaia di immigrati che entrano  illegalmente in Israele dall’egitto ogni anno.

I gruppi per i diritti umani hanno paura che il centro di detenzione, il più grande di questo tipo nel mondo, con una capienza ricettiva di 8.000 posti, si trasfromerà in un campo profughi e negherà a coloro che fuggono dalle persecuzioni nel paese d’origine il diritto di chiedere asilo in israele.

Il progetto è stato approvato dal governo di destra di israele 18 mesi fa, ma molti israeliani si sentono a disagio al pensiero di negare l’asilo a persone provenienti dai paesi africani straziati dalle guerre, a causa della propria storia come nazione di rifugiati.

Un funzionario governativo ha dichiarato al giornale Haaretz che “Faremo di tutto per garantire condizioni di umanità. Noi non avremmo voluto costruire una struttura simile. Ma si è reso necessario a causa delle circostanze in cui ci troviamo”.

La struttura, che sarà costruita sul terreno della prigione di Ketziot, vicino al confine meridionale di israele, servirà ad accogliere i migranti, comprese donne e bambini, per i tre anni che precedono la deportazione verso i paesi d’orgine; coloro che provengono dagli stati “nemici”, come il Sudan, che non possono essere rimpatriati, potranno essere detenuti a tempo indeterminato. Continua a leggere

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Roma: azione di boicottaggio contro l’uso della cultura per coprire il colonialismo d’Israele

Domenica, 18 marzo 2012, al Cartoons Festival di Roma, una ventina di attivisti del movimento per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro Israele hanno chiesto la parola, concessa dagli organizzatori, prima della presentazione di Hanan Kaminski, direttore della scuola di animazione della Bezalel Academy di Gerusalemme. Il festival si svolgeva a pochi metri di distanza dal monumento che ricorda Rachel Corrie, attivista statunitense uccisa a Gaza il 16 marzo 2003 da un bulldozer israeliano mentre tentava di impedire la demolizione di una casa Palestinese.

Gli attivisti hanno evidenziato al pubblico come la partecipazione della Bezalel, con il patrocinio e il contributo finanziario dell’Ambasciata di Israele in Italia, rappresenti uno dei tanti tentativi da parte di Israele di usare la cultura per ripulire la propria immagine e distrarre l’attenzione dalle politiche di occupazione, colonialismo e apartheid.
Nel 2005, Nissim Ben-Sheetrit del Ministero degli Esteri ha affermato: “Vediamo la cultura come uno strumento di propaganda di primo ordine, e non facciamo differenza tra propaganda e cultura”. Artisti israeliani che accettano fondi dal Ministero degli Esteri sono, infatti, tenuti a firmare un contratto nel quale si afferma che l´artista “è consapevole che lo scopo di aver contrattato i suoi servizi è di promuovere le politiche dello Stato di Israele attraverso la cultura e l´arte, compreso contribuire a creare un´immagine positiva di Israele“.
Gli attivisti hanno denunciato l´uso dell´arte per coprire i crimini di Israele, ricordando al pubblico del Palladium che l´Ambasciata israeliana, in rappresentanza del governo di Israele, ha anche “patrocinato” i recenti raid aerei israeliani a Gaza uccidendo 28 palestinesi e ferendone circa 80, la demolizione di 24,000 case palestinesi, la detenzione senza capi d´accusa di oltre 300 prigionieri politici palestinesi, la costruzione del Muro d’Aparthed e degli insediamenti ilegali, la confisca di terre palestinesi e gli oltre 1400 civili uccisi a Gaza durante Piombo Fuso, di cui 500 bambini. L´intervento è stato accolto dal pubblico con un caloroso applauso e più persone hanno lasciato la sala insieme agli attivisti. L´appello palestinese per il BDS invita al boicottaggio delle attività commerciali israeliane insieme alle sue istituzioni culturali e accademiche finché Israele non rispetti il diritto internazionale e i diritti umani.

Al fianco della popolazione palestinese. Senza la loro libertà non saremo mai liberi. Continua a leggere

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Rachel Corrie: il documentario

Oggi i nostri pensieri e il nostro amore sono rivolti Rachel, la nostra rabbia profonda e il disprezzo li rinnoviamo nei confronti dei mandanti e degli esecutori del suo assassinio.
Domani, 16 marzo, è l’anniversario della sua uccisione e come FreePalestine Roma mettiamo in evidenza il documentario che abbiamo sottotitolato ma che ancora ha poca visibilità.
In fondo trovate anche il link per la versione scaricabile in alta definizione.

Rachel, il tuo coraggio anima ancora il nostro agire.
Stop Occupation, Free Palestine!

Scarica l’alta risoluzione

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Prigionieri palestinesi assaltati dall’esercito israeliano dentro il carcere di Ofer

Mercoledì, le unità delle forze speciali di Metsada e Nahshun hanno violentemente preso d’assalto la prigione di Ofer, a ovest di Ramallah, scatenandosi contro i/le prigionieri/e e danneggiando i loro effetti personali tra l’intenso lancio di lacrimogeni.
Una fonte informativa ha raccontato al Palestinian Information Center che le forze armate israeliane, indossando maschere antigas, hanno fatto incursione nella prigione, circondato i prigionieri palestinesi che erano nel cortile lanciandosi addosso a loro e poi portandoli ammanettati in piccole celle all’aperto, utilizzate per ingabbiare i detenuti quando sono prossimi a raggiungere il tribunale per le udienze.

Molti dei prigionieri sono svenuti in seguito ad aver respirato i lacrimogeni, e le forze armate hanno iniziato a rompere e confiscare alcuni effetti personali dei prigionieri nelle loro celle, con il pretesto che si trattasse di oggetti proibiti, e hanno chiuso una cella della sezione 16 tagliando l’acqua a tutti i bagni.

Secondo le fonti, nei prossimi giorni i/le prigionier* intendono rafforzare la loro protesta in tutte le prigioni israeliane per fare pressione sulle autorità carcerarie israeliane e per mettere fine alla campagna repressiva nei loro confronti e alle misure di isolamento dei/delle detenut*.

Ricordiamo che il 17 aprile, come ogni anno, è la giornata dei/delle prigionier* politici palestinesi. Una lotta per la libertà che continua nel quotidiano dentro e fuori le gabbie delle prigioni israeliane, a tutt* noi spetterà dargli visibilità e complicità.
Libertà per tutt* e solidarietà finchè delle carceri non ne resti una sola pietra.

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