Metterci la faccia

Gaza è sotto attacco, un’aggressione meno invisibile di un assedio militare costante, piovono missili sulle teste delle persone.
Le persone morte e quelle ferite hanno un nome, non è un film lontano.
L’abitudine a partecipare passivamente al conteggio delle persone uccise ci spaventa, è quella rassegnazione che media di regime e potenti cercano d’imporre a chi, nel quotidiano, vive sulla pelle lo sfruttamento e l’oppressione.
I blocchi di potere contrapposti, culturali, economici e religiosi, la cantilena del conflitto Israele-Palestina e la sicurezza di Israele, sono i temi dominanti nei canali d’informazione e si accomodano sulle imposizioni di chi esercita la propria autorità fuori e dentro la Palestina.
Poi c’è chi decide di metterci la faccia, i corpi e l’intelligenza, c’è chi non rimane in silenzio, sedut* e disarmat*, c’è chi si attrezza di cartelli, striscioni e coraggio e comunica pubblicamente: “Sto andando davanti l’Ambasciata israeliana, ci vediamo lì”.
Insieme a Jasmine Revolution Italia, c’è qualcun* che risponde alla chiamata impulsiva e determinata e così, per un’oretta buona di una classica domenica normalizzata, si mobilita la dignità di chi sceglie di non essere complice di un massacro, si rompe il normale corso del dominio.

Mentre il piccolo gruppo di solidali con la popolazione di Gaza, nemici del colonialismo e del razzismo, si raduna davanti il checkpoint che perimetra lo Stato israeliano a Roma, gli apparati militari e di controllo italiani convergono in massa, identificano tutt* e chiariscono che ragionare e reagire è davvero esagerato.

Ragionare, rifiutare e reagire quando, nello stesso giorno, a Roma si raduna l’Unione delle Comunità Ebraiche italiane per comunicare il pieno appoggio alla brutalità e al colonialismo sionista. Boicottare, sanzionare e disinvestire quando l’Alenia Aermacchi, del gruppo Finmeccanica, chiude l’accordo con l’aeronautica militare israeliana per la fornitura di 30 aerei M-346. [Per i predicatori di propaganda sionista vittimista: gli aerei militari di addestramento M-346, diventeranno M-346K quando, dopo l’addestramento, diventeranno cacciabombardieri leggeri e prenderanno il posto degli Northrop F-5E Tiger II]

Resistere e autodeterminarsi quando gli attacchi alle popolazioni, ai territori e a tutt* noi arrivano dall’alto, da qualsiasi forma di regime o di potere culturale, religioso ed economico. Come insegna la tenacia e la determinazione della popolazione palestinese, resistere è necessario.

Di seguito il comunicato di Jasmine Revolution Italia che convocava al presidio di ieri davanti l’ambasciata israeliana a Roma e una corrispondenza alla fine del presidio in cui raccontano chi sono e perchè lottano: Continua a leggere

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Hana Al-Shalabi all’11esimo giorno di sciopero della fame contro la sua detenzione amministrativa

Hana Al-Shalabi, una compagna palestinese di 29 anni, è giunta all’11esimo giorno di sciopero della fame per protestare contro la sua detenzione senza accuse, nè processo in Israele. Anche i suoi familiari stanno facendo lo sciopero della fame, in sua solidarietà. Hana è stata arrestata il 16 febbraio nel villaggio di Burqin, vicino Jenin, nella West-Bank occupata da Israele. Hana era già stata imprigionata per 2 anni e mezzo in regime di “detenzione amministrativa”. Arrestata il 14 settembre 2009, Hana era stata sottoposta ad isolamento, abusi e molestie sessuali durante gli interrogatori e poi imprigionata senza accuse o processo per 6 mesi.
La detenzione amministrativa era stata rinnovata varie volte, fino a quando era stata rilasciata lo scorso ottobre all’intreno dello scambio di prigionieri tra Israele e Hamas, in cui Israele aveva rilasciato 1.027 palestinesi in cambio dei soldati israeliani sequestrati a Gaza nel 2006.
Attualmente più di 300 palestinesi sono rinchiusi per detenzione amministrativa, senza accuse né processo, tra loro 21 persone elette nel Parlamento palestinese.

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Lettera aperta alle comunità LGBTIQ sull’occupazione israeliana in Palestina

Tradotto da QueerSolidarityWithPalestine

Siamo un gruppo eterogeneo di lesbiche, gay, bisessuali, queer e trans attivisti, accademici, artisti e operatori culturali provenienti dagli Stati Uniti che hanno partecipato ad un tour di solidarietà in West Bank e Israele dal 7 al 13 gennaio 2012.

Ciò di cui siamo stati testimoni è stato devastante e sentiamo l’urgenza di fare la nostra parte nel porre fine a questa occupazione e condividere la nostra esperienza con la comunità LGBTIQ. Abbiamo visto con i nostri occhi il muro- letteralmente e metaforicamente- paesi, famiglie e terre separate. Da questo, abbiamo acquisito una profonda comprensione di quanto profondamente radicata e di ampia portata sia questa occupazione in ogni aspetto della vita quotidiana palestinese.

Così pure, abbiamo acquisito nuove prospettive sul modo in cui la società civile israeliana è fortemente influenzata dagli effetti disumanizzanti della politica dello Stato di Israele verso i palestinesi in Israele e in Cisgiordania. Ci siamo commossi dalla lotta portata avanti da alcuni israeliani nella resistenza alle politiche statali che disumanizzano e negano i diritti umani dei palestinesi.

Abbiamo concluso il nostro viaggio in solidarietà con palestinesi e israeliani che combattono per la fine dell’occupazione in Palestina, e che lavorano per l’indipendenza palestinese e l’auto-sovranità. Tra le cose che abbiamo visto ci sono stati: Continua a leggere

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Qalandia: l’esercito israeliano uccide ancora

Da Amalcenter

Ieri ci sono stati scontri molto violenti al campo profughi di Qalandia, vicino al checkpoint che porta alla città palestinese di Ramallah. Gli scontri sono scoppiati durante una manifestazione contro quanto stava avvenendo sulla spianata della moschea Al Aqsa a Gerusalemme. Durante gli scontri sono stati feriti decine di ragazzi, di cui 3 ragazzi e 2 bambini gravi ed un ragazzo ucciso.

Il ragazzo la cui vita e stata stroncata dalla violenza del esercito israeliano si chiamava Tal’at Omar (25 anni), profugo abitante del campo Qalandia.
Vivrai per sempre dentro di noi, La lotta continua.

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Hebron e Gerusalemme ancora in lotta

Giornata di scontri oggi in Palestina, nella West Bank e a Gerusalemme dove la polizia israeliana e palestinesi si sono scontrati dopo che l’esercito è entrato sulla spianata della moschea di Al-Aqsa. La situazione è stata pesante anche per la presenza dei coloni che hanno attaccato  i palestinesi che stavano andando a pregare.  Secondo i media palestinesi gli scontri sono stati molto violenti, molti ragazzi che hanno risposto alle provocazioni israeliane lanciando pietre sono stati feriti da lacrimogeni e bombe sonore.

Scontri anche nella West Bank nella città di Hebron dove i palestinesi hanno marciato dopo la preghiera del venerdì verso la città vecchia, affrontando l’esercito israeliano per l’anniversario de ‘La Giornata di azione mondiale per la riapertura di Shuhada Street’. Shuhada Street è stata chiusa ai palestinesi nel 1994 dopo il massacro dei palestinesi nella moschea di Abramo da parte di Baruch Goldstein. Brooklyn, nato Goldstein, era un colono ebreo, che con il suo fucile d’assalto Galil ha ucciso 29 palestinesi all’interno della moschea. Da allora la città è stata divisa in due parti e i palestinesi non sono autorizzati a muoversi liberamente a Shuhada Street e non possono più entrare nel mercato di frutta e verdura. Oggi i palestinesi hanno scagliato pietre contro i soldati israeliani di stanza a un check point proprio sulla Shuhada Street. I soldati israeliani hanno risposto con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Secondo fonti presenti nella manifestazione i feriti sono oltre 10, di cui 4 sono stati portati in ambulanza ad un ospedale. I manifestanti arrestati sono 8, tra cui anche qualche internazionale. Hebron è da sempre un punto nevralgico per i palestinesi in quanto circa 500 coloni ebrei vivono all’interno della città vecchia, circondata da 30.000 palestinesi.

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I successi della conferenza BDS negli USA

di Stephanie Westbrook – campagna BDS – Italia e Stopagrexcoroma
Tratto da Osservatorio Iraq

“Fra 15-20 anni, la gente ricorderà ancora questa conferenza, come un momento storico del movimento per il boicottaggio di Israele. E ci sarà chi si rammaricherà per non esserci stato”.
Queste le parole con cui la giornalista Helena Cobban ha descritto la conferenza nazionale statunitense per la campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS).

La conferenza, tenutasi all’Università della Pennsylvania il 4-5 febbraio e organizzata dal gruppo studentesco Penn BDS, ha infatti dovuto chiudere la registrazione a 300 partecipanti, a dimostrazione di quanto stia crescendo il movimento negli Stati Uniti. Mentre le prime conferenze BDS nazionali, come quella di Chicago del 2008 e dell´Hampshire College del 2009, non hanno trovato molto spazio sui media, questa del 2012 è invece finita sulle prime pagine dei giornali locali e della stampa nazionale e internazionale, inclusa quella israeliana. Un aiuto l´hanno dato le organizzazioni pro-israeliane come Stand With Us e l´Anti-Defamation League, che hanno pubblicato una classifica dei top cinque relatori anti-Israele della conferenza. Continua a leggere

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Il primo corteo degli Ultras dopo Port Said

15-02-2012 Cairo
E’ stato il primo corteo degli Ultras del Ahli dopo il massacro di Port Said.
Il corteo è partito intorno 17.15 ore locali dal club al-Ahli per arrivare alla procura.
Tutti erano vestiti con le magliette rosse della squadra di calcio e sventolavano le loro bandiere, oltre alle quali molte erano con i volti dei ragazzi, amici, fratelli uccisi, il numero è arrivato a 194 martiri, nessuna dichiarazione ufficiale per ora.
C’era una bandiera gigante di un celerino e la frase police bastards.

Un corteo giovanissimo c’erano ragazzi visibilmente al di sotto dei 17 anni.

La determinazione e la forza con cui hanno urlato i cori è indescrivibile. Mentre urlavano saltavano e sembrava ci fosse un terremoto, per quanta foga esprimevano. La rabbia era tanta e lungo il corteo ci sono stati molti momenti di silenzio. Il corteo non è passato come al solito a piazza Tahrir ma hanno scelto di salire sul ponte di 6 october (uno dei ponti più importanti del Cairo per la viabilità) per bloccare il traffico e farsi sentire.
In quel momento è arrivato anche un furgoncino con il sound che ha diretto i cori fino alla fine. Erano molto organizzati con il servizio d’ordine, il cordone umano non ha mai lasciato un istante il corteo in balia del caos. Arrivati alla procura i fumogeni hanno colorato la strada e dopo qualche ora di presidio, il corteo si è sciolto.

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17 febbraio – Siamo tutt* colpevoli

Free Palestine Roma il 17 febbraio parteciperà ai due presidi indetti dalla Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese e dai diversi movimenti per il diritto all’abitare, entrambi davanti il tribunale di P.le Clodio.

Con la Rete romana saremo in piazza per riprenderci la libertà di manifestare per la Palestina e supportare i compagni e le compagne denunciat*, perchè in una delle tante occasioni hanno dimostrato apertamente di schierarsi accanto alle migliaia di palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane.
In particolare la nostra solidarietà va ai fratelli e alle sorelle, che quella sera vennero aggrediti alle spalle da una squadraccia razzista, per il solo motivo di essere palestinesi e solidali. Continua a leggere

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Roma: presidio 17 febbraio per la libertà di manifestare

LIBERTA’ DI MANIFESTARE PER LA PALESTINA – LIBERTA’ DAL RAZZISMO E DALL’APARTHEID

Era il 24 Giugno 2010 quando la Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese manifestava in Campidoglio, luogo simbolo della cittadinanza, per porre all’attenzione dell’opinione pubblica la questione delle migliaia di civili palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, spesso con detenzioni amministrative in assenza di accuse specifiche e senza alcun processo.
Un presidio con candeline, con uno striscione e qualche bandiera. Poco dopo l’arrivo sulla scalinata, mentre il tutto si svolgeva pacificamente, il presidio è stato attaccato violentemente da un gruppo di squadristi non meglio identificati che al grido di “arabi di m….”, con caschi e tirapugni si sono accaniti contro i palestinesi individuati tra le persone presenti sulla scalinata.
Gli aggressori si sono poi allontanati nell’indifferenza delle forze dell’ordine presenti sul posto. Solo nei giorni successivi si è appreso dalle dichiarazioni pubbliche rilasciate da alcuni appartenenti alla comunità ebraica di Roma che gli aggressori appartenevano al servizio d’ordine della comunità. Nonostante l’aggressione, i feriti e le lesioni permanenti riportate da un ragazzo palestinese che è stato costretto a diversi mesi di ospedalizzazione, la ferita più profonda resta quella di non poter manifestare liberamente nella città di Roma al fianco della popolazione palestinese che da più di 60 anni vive sotto occupazione militare, colonialismo e apartheid. Oltre al danno la beffa: alcun* partecipanti al presidio sono stati denunciat* e il prossimo 17 febbraio il GIP del tribunale di Roma si pronuncerà sull’episodio.
La Rete Romana
chiama tutte le persone solidali con la lotta della popolazione palestinese ad un presidio pubblico davanti al tribunale di Roma per riaffermare che di Palestina si può e si deve parlare, per manifestare ancora una volta al fianco di ogni palestinese, perché senza la loro libertà non saremo mai liber*.
Libertà di manifestare per la Palestina! Libertà per i prigionieri politici palestinesi e solidarietà ai detenuti in sciopero della fame! Le lotte non si arrestano.

APPUNTAMENTO VENERDÌ 17 FEBBRAIO ORE 10 PIAZZALE CLODIO

_ Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese_

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Egitto l’esercito continua a sparare

6 febbraio del 2012 la videomaker Salma Said arriva per miracolo all’ospedale dopo che l’esercito egiziano le ha sparato addosso un numero imprecisato di pallettoni.
Questo il suo racconto.

 

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