Messaggio dai prigionieri palestinesi del campo profughi Aida rinchiusi nelle carceri israeliane

Oggi (venerdì 27 aprile 2012) è arrivato un messaggio dai prigionieri del campo profughi Aida nelle carceri israeliane, che hanno avvertito che il prigioniero Hussein Ahmad Abedrabbo (23 anni) è stato colpito da un insufficienza renale durante lo sciopero della fame, ed i prigionieri hanno deciso di unificare le forze per affrontare la direzione delle carceri che rifiuta qualsiasi soccorso medico a Hussein Aberrabbo.
Vi ricordiamo che Hussein Ahmad Abedrabbo e stato arrestato quando aveva solo 17 anni, ed e stato condannato a 7 ani di carcere di cui ne ha scontati 6.
Tutti liberi! Tutte libere!

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Bottiglie molotov lanciate contro la comunità di migranti rifugiati a Tel Aviv

Fonte: “Molotov cocktails take aim at refugee community in Tel Aviv” di Mya Guarnieri
Foto: Activestills

La comunità africana del sud di Tel Aviv è stata colpita da cinque bottiglie Molotov durante la notte scorsa, quando gli israeliani avevano portato a termine le celebrazioni per il loro Yom Haatzmaut (Giorno dell’indipendenza).
Quattro bottiglie molotov sono state tirate dentro le abitazioni di persone con origini africane; una invece è stata lanciata in uno spazio per i giochi dei bambini.

Non sono stati registrati feriti. La polizia sta investigando sull’accaduto che gli/le attivisti/e chiamano attacco coordinato.

La comunità africana in Israele è stata oggetto di numerosi atti di violenza nel passato. A gennaio del 2011, per esempio, un pneumatico infuocato è stato tirato dentro l’appartamento condiviso da cinque rifugiati del Sudan ad Ashdod. Uno di loro soffrì di difficoltà respiratorie e altri due vennero portati in ospedale.

Sempre a gennaio del 2011, tre ragazze – nate in Israele e di lingua ebraica, figlie di lavoratori africani immigrati – sono state picchiate da un gruppo di giovani ebrei. Gli aggressori, uno dei quali era armato di coltello, le avrebbero chiamate “sporche negre”. In seguito alle ferite, una delle ragazze ha avuto bisogno di cure mediche.

Poriya Gal, la portavoce di “Hotline of Migrant Workers”, parlando dopo l’attacco del 2011 alle ragazze, mi disse “Non conta nulla che queste ragazze hanno già avuto esperienze di questo tipo di violenza nel quartiere. Ma hanno scelto di non denunciare nulla alla polizia per paura di essere attaccate nuovamente”

Il sud di Tel Aviv ha raggiunto il culmine delle aggressioni israeliane contro la comunità straniera. La destra israeliana ha organizzato manifestazioni contro la presenza di africani e di lavoratori migranti nell’area.

Nell’estate del 2010 -mesi prima che i rabbini del paese facessero appello agli ebrei di non vendere o affittare case agli arabi – 25 rabbini di Tel Aviv hanno firmato un proclama per impedire agli ebrei di affittare case agli “infiltrati”, ovvero il termine che il governo e la destra utilizzano per chiamare i rifugiati africani. 10 agenti immobiliari che lavorano nelle zone popolate maggiormente da africani rifugiati risposero alla chiamata, rendendo pubblica la scelta di rifiutare inquilini del genere e dicendo che non avrebbero rinnovato i contratti di chi già risiedeva lì.

In molti parchi giochi per bambini nel sud di Tel Aviv, i figli di genitori stranieri non sono ammessi.

Vi invitiamo a leggere alcuni articoli correlati che abbiamo scritto o tradotto:
1 “Israele costruirà il centro di detenzione per migranti più grande del mondo”
2 “Manifestazione anti immigrati africani a Tel Aviv”
3 “La barriera di ferro tra Israele ed Egitto”
4 “Israele: iniziano le deportazioni di bambini e genitori immigrati”
5 “Sperimentando l’Apartheid…arrivano i lager per migranti”
6 “Contro muri e frontiere: una sola barricata!”
7 “Italia dichiara guerra ai migranti con i radar d’Israele”

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Quarto giorno a Gaza – Report di Movi[e]ng to Gaza

Scegliamo di dare visibilità ai report quotidiani delle compagne e dei compagni di Movi[e]ng to Gaza sperando così di supportare il loro progetto.

April 24th, 2012

Sveglia quasi all’alba, dopo poche ore di sonno e con ancora in testa le ultime parole scritte ieri notte. Assieme agli attivisti di International Solidarity Movement (ISM) ci rechiamo al villaggio di Khuza’a per fare accompagnamento ai contadini che raccolgono il grano nei loro campi adiacenti alla buffer zone.
Questa zona è la più bella e pericolosa di Gaza e fino al 2005 era abitata solo da coloni, circa 8000 suddivisi in 21 insediamenti, i quali venivano protetti da circa 30.000 forze militari e diversi check point . Quando l’allora primo ministro israeliano Ariel Sharon decise di evacuare forzatamente tutti i coloni, nessun palestinese poteva accedere quest’area per ragioni di sicurezza.
Oggi vivono qui quasi 10.000 palestinesi e il villaggio si trova a meno di 500 metri dal confine con Israele. Il primo giorno della raccolta del grano i soldati israeliani, sparando in direzione dei contadini, hanno ferito un uomo, il secondo giorno una donna. Dal terzo giorno i volontari dell’I.S.M. accompagnano i contadini al lavoro con l’intento di far fermare il fuoco, armati di giubottini fluorescenti, telecamere e megafono.

Arriviamo sul campo verso le 7 del mattino e come in ogni momento di aggregazione palestinese c’è tanto da mangiare, del caffè, del te e dell’acqua, sorrisi a volontà e voglia di scherzare. Ci vestiamo e ci dividiamo in due gruppi per poter coprire un area più grande del campo. I contadini sono tutti accovacciati e lavorano velocissimi.
Il confine e la buffer zone sono li davanti a noi, per la prima volta, reali davanti ai nostri occhi.

Alle 8:30 vediamo tre jeep militari avvicinarsi ad una torretta e altre tre andarsene. Poi la quiete e all’improvviso gli spari. Uno, due, tre, ancora e ancora. << Stop shooting, you are shooting on innocent farmers, do you know that? They are simply trying to harvest their fields, this is their land, is not the buffer zone! >> viene urlato al megafono da un volontario di ISM. Continua a leggere

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Un estratto del film “Najah” di Haitham al Katib

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Work camp internazionale al campo profughi Aida

Il Work Camp si svolgerà all’Aida Refugee Camp di Betlemme, dal 5 al 15 luglio.
L’obiettivo è di far vivere a tutti e tutte i/le partecipanti la realtà quotidiana della Palestina occupata. Il lavoro nel campo profughi vuole essere lo strumento per conoscere in prima persona la storia e il presente della Palestina e del suo popolo, attraverso l’esperienza diretta.

Il work camp è rivolto a tutti e tutte coloro che hanno la voglia e la volontà di approcciarsi alla realtà palestinese attraverso uno scambio culturale e di lavoro con la popolazione dell’Aida Camp.

ATTIVITA’:
– lavori manuali per il miglioramento del centro;
– incontri con le famiglie palestinesi;
– attività con i bambini del campo;
– visita alla città di Hebron e ai villaggi nei dintorni di Betlemme;
– scambio culturale con i volontari palestinesi dell’Aida Camp, che coordineranno le attività insieme agli internazionali.

INFORMAZIONI PER I VOLONTARI E LE VOLONTARIE IN PARTENZA:
– la quota di iscrizione è di 300 euro (da versare all’arrivo a Betlemme) in cui sono inclusi l’alloggio e un pasto al giorno;
– le spese del viaggio sono a carico dei volontari che provvederanno autonomamente ad acquistare il biglietto aereo;
– passaporto valido, possibilmente senza timbri di paesi arabi (per evitare lunghi interrogatori all’ingresso in Israele);
– è necessario portare l’occorrente per dormire;
– non sono richieste competenze specifiche, solo buona volontà e spirito di adattamento.

REGOLAMENTO INTERNO DEL CAMPO:
– rispetto delle usanze e delle tradizioni del posto;
– mantenere un comportamento dignitoso, il che include il rispetto degli altri, l’abbigliamento e astenersi da qualunque genere di comportamento non idoneo in pubblico;
– impegnarsi a seguire tutte le attività del campo;
– non fare uso di alcol o di qualsiasi tipo di stupefacente.

Per ulteriori informazioni ed adesioni potete scriverci e vi metteremo immediatamente in contatto con i compagni e le compagne del centro Amal Al Mustakbal. Il nostro indiritto è freepalestineroma [at] autistici [.] org

Leggi i report e i racconti del primo summer camp organizzato l’anno scorso:
CAMPO ESTIVO ad Aida Camp “Libertà: con Vik nel cuore”
Report: inizia il Summer camp al campo profughi di Aida
Summer camp: terzo giorno
Summer camp: il giorno del ricordo
Summer camp: la resistenza quotidiana ad Aida Camp e il corteo di Bil’in
Summer camp: Hebron e Vittorio Arrigoni

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Una nuova colonia sionista sulle terre del villaggio palestinese di Ni’lin

Articolo originale dal quale abbiamo tradotto alcuni estratti.

Il 10 aprile, un gruppo di giovani coloni ha iniziato la costruzione di un nuovo avamposto sulle terre di proprietà del villaggio di Ni’lin. L’avamposto verrà chiamato “Or Hadash”, che in ebraico con riferimenti biblici significa “Nuova luce”. I soldati israeliani sono arrivati sul posto e hanno confiscato alcuni strumenti da lavoro ma senza fermare i 100 coloni che lavoravano alla costruzione delle fondamenta dell’avamposto. Così come per le leggi internazionali, anche per quelle israeliane non è consentita la costruzione di colonie sulle terre di proprietà privata dei palestinesi.

“Annunciamo che la terra di Israele è per la popolazione di Israele” ha dichiarato il leader Daniella Weiss, vecchio sindaco della colonia Kedumim, la quale ha parlato durante il saccheggio di terre. Weiss ha parlato inoltre del supporto che l’organizzazione di coloni riceve dai finanziamenti di Nachala Fund, un’organizzazione internazionale che si dedica all’espansione coloniale in West Bank.

Un nucleo di giovani donne e uomini si preparato a restare lì. “Reclamiamo il nostro patrimonio, che ci ha atteso per 2,000 anni” così ha dichiarato un giovane colono commentando il loro furto di terre, non pensando ovviamente alla gente che si è presa cura di quella terra per gli ultimi due millenni.

I palestinesi, proprietari di quella terra, non hanno avuto la possibilità di raggiungerla per molti anni a causa della costruzione del muro di annessione (ovvero il muro costruito per espropriare terre) costruito per “ragioni di sicurezza” nel 2008. Sin dall’inizio dell’occupazione della West Bank, il villaggio di Ni’lin ha perso 50.000 degli originari 58.000 dunums di terre. 43.000 dunums di questa terra sono stati sottratti con l’espansione di 5 colonie che circondano il villaggio ad est, ovest e nord. A causa del furto di terre, 7000 abitanti hanno dovuto lasciare il villaggio, alla ricerca di una vita migliore dopo la perdita delle proprie terre. Gli/le abitanti di Ni’lin sono agricoltori che non hanno alcun modo di autosostentarsi senza l’accesso alle loro terre.

Ni’lin è un chiaro esempio di come i coloni cacceranno via la popolazione palestinese se tutto questo continuerà senza alcuna opposizione. I recenti eventi dimostrano anche come il muro di annessione e l’esercito israeliano producono la separazione fisica dei palestinesi dalle loro terre, continuando a proteggere l’espansione coloniale.

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Il racconto di Badia, del gruppo Youth against settlement, fermato e legato alla rete

Il sito di:Youth against settlement

“Questa storia è successa a me.
Mentre stavo andando verso Tel Rmeideh ho incontrato un gruppo di soldati. Ho continuato a camminare e me li sono lasciati alle spalle. Poi ho deciso di raccogliere qualche mandorla da alcuni alberi. Un soldato mi ha chiesto di andare da lui: sono tornato indietro, mi ha chiesto il documento. Gli ho risposto “Ma vi sono appena passato davanti e non mi avete fermato! Perchè mi hai chiesto di tornare indietro?” “Perchè mi andava!” ha risposto. “A me no!” ho risposto io. “Sei in arresto” mi ha detto, e voleva mettermi le manette. “Non avete ragioni per arrestarmi, neanche secondo le leggi israeliane”.
In quel  momento non c’era nessuno che potesse testimoniare l’accaduto. Mi sono rifiutato di farmi mettere le manette e ho fatto resistenza contro i 4 soldati che cercavano di bloccarmi in una maniera ingiustificabile. Un soldato mi ha tirato su la gamba, mentre gli altri mi hanno legato e aggredito verbalmente e fisicamente. Mi hanno crocifisso come si vede nella foto. Più tardi sono arrivati alcuni attivisti dell’ISM e hanno scattato delle foto. I soldati hanno cercato di cacciarli, ma non ci sono riusciti. Poi mi hanno slegato e hanno cercato di portarmi all’interno della colonia, ma io ho rifiutato finchè non fosse presente la polizia. Nel frattempo un attivista li ostacolava. La polizia è arrivata dopo un po’ di tempo e un soldato ha rovinato il mio documento. Quando è arrivata la polizia gli ha detto che sospettava che il mio documento fosse falso, il che era un pretesto per arrestarmi.
Ho avuto fortuna perchè gli agenti di polizia sono stati professionali; gli ho raccontato la situazione aggiungendo che il comandante ha creato problemi e aggredito palestinesi senza alcuna ragione. Alla fine sono stato rilasciato.”

Testimonianza video:

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Parole di donne dalla rivoluzione egiziana: Episodio 1 – Rasha Azab

Pubblichiamo con piacere una video-intervista di Rasha Azab, compagna egiziana.
Abbiamo sottotitolato in italiano questa testimonianza diretta per ricostruire le scelte e l’impegno delle compagne nelle lotte della popolazione egiziana.
Buona visione

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Ad un anno dall’uccisione di Vik: restiamo umani

Il 14 aprile, a partire dalle 16.30, i giardini di Piazza Vittorio Emanuele II ospiteranno proiezioni di video, concerti musicali e le letture del libro “Restiamo Umani”.
Riproponiamo due corrispondeze che Vik fece per radiondarossa. Una del 30 dicembre del 2008 in occasione dell’operazione Piombo fuso e una del 17 gennaio 2009. http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/palestina/090117_gaza_arrigoni.mp3">Ascolta.
Leggi il programma di piazza vittorio Continua a leggere

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Audio documentario dall’Egitto

Volentieri pubblichiamo una serie di reportage radiofonici realizzati da Marco Pasquini con Luca Mandrile e Emiliano Sacchetti dalla piazza simbolo della rivoluzione egiziana nei giorni della ripresa degli scontri e durante le prime elezioni presidenziali post-Mubarak, piazza Tahrir.

“Sono cresciuta sapendo che una donna non può manifestare apertamente il suo pensiero e non può mai esprimere un desiderio La mia famiglia mi ha educato e cresciuto nella paura. La rivoluzione mi ha insegnato a non avere più paura”. Howaida ha 29 anni, e da dieci ha lasciato la sua famiglia nell’alto Egitto per andare a studiare al Cairo. La sua testimonianza ci offre la suggestiva immagine di una Piazza Tahrir paragonata ad un’orchestra sinfonica che esegue una partitura perfetta.

“Le forze di sicurezza utilizzavano sia lacrimogeni che gas nervini, alcuni dei quali contenenti fosforo. La pelle di chi era stato esposto direttamente a questi gas era completamente ustionata. Si tratta di gas illegali, roba che viene utilizzata in guerra”  Yasser è un chirurgo palestinese naturalizzato egiziano, in piazza Tahrir dal gennaio 2011. La sua è la testimonianza di chi ha salvato centinaia di manifestanti dalla violenza dell’esercito e della polizia; di chi ha dovuto constatare la morte di uomini, donne e bambini scesi in piazza per un Egitto migliore.

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